Ora potrebbe fare la differenza avere la qualifica di «sagra tipica dell’Umbria» oppure ottenere il solo riconoscimento di festa popolare. In questo secondo caso niente taverne. «Qui, le feste paesane sono un bene comune – aggiunge il presidente delle pro loco umbre Francesco Fiorelli - l’apice della vitalità in località poco abitate come queste». Sono un potenziale per il territorio. «Abbiamo stimato che nell’alto amerino una ventina di pro loco muovono, durante il periodo estivo, oltre un milione di euro», insistono i presidenti. «Il nostro ricavato – spiega Roberto Mangialaio, della pro loco di Avigliano - ricade per l’ottanta per cento sull'indotto del comprensorio». «Siamo i primi a non dare il patrocinio, se non viene rispettata la qualità e il rapporto col territorio », dice Fabio Angelucci, sindaco di Montecastrilli. «Facciamo lavorare tipografie, piccole botteghe artigiane, imprese agricole e negozi di generi alimentari solo della zona», insiste ancora Mangialaio. «E non saremo certo noi, con le nostre sagre – aggiunge il consigliere comunale Carlo Mancini – a compromettere i bilanci o gli introiti di attività ricettive; a Montecastrilli negli ultimi dieci anni sono aumentati a tre i ristoranti, a fronte di cinque sagre in più e non c’è stato alcun risentimento da parte dei ristoratori».
Nei mesi di luglio e agosto però, rilancia Paolo Cianfoni della Confcommercio Terni, «in Umbria ci sono sette sagre al giorno ed è un dato che va analizzato e gestito, con maggiori controlli e con disposizioni volte a difesa di chi fa impresa». Nessun’altra Regione, si trova a far fronte a simili problematiche. «Ma anche se è difficile per noi – afferma l’assessore regionale Fabio Paparelli – riusciremo a trovare un compromesso, fare sinergia e incentivare la qualificazione ». Intanto però, dalle pro loco ribattono: «E se qualcuno di noi, facesse la sagra-popolare? Che cambierebbe?».
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