Tasse locali al massimo
e l'Umbria arranca

Tasse locali al massimo e l'Umbria arranca
di Marco Brunacci
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Venerdì 22 Agosto 2014, 15:42 - Ultimo aggiornamento: 15:44
PERUGIA - Sar di sollievo per le famiglie perugine sapere che la colpa della stangata sulla casa che sta per piovere sulla loro testa e decisa ieri l'altro dalla simpatica brigata del nuovo sindaco Romizi della giunta precedente (ma anche della crisi del debito sovrano, dell'epidemia sui derivati, degli azzardi di alcune banche americane e forse anche dei tango bond).

Nel mentre le famiglie perugine che non arrivano a fine mese, come pure quelle che ci riescono con fatica, stanno pensando a quali consumi rinunciare, quali negozi non frequentare più, quale artigiano non chiamare, quale professionista non consultare, quale casa non affittare, quale mutuo non prendere, contribuendo così loro malgrado a nuova disoccupazione e altro impoverimento, apprezzeranno di sicuro l'impegno della geniale assessore Bertinelli a tagliare le tasse il prossimo anno. La gente non può fare quasi nulla per difendersi, ma almeno merita di essere trattata da adulta. È ragionevole pensare che il problema del prossimo anno sarà come trovare nuove entrate, perché il circolo vizioso che ha perduto Boccali già prende alla gola Romizi: ad alte tasse corrisponderanno ancora minori entrate. Se poi dovessero spirare possenti venti di ripresa sarà per merito di chi - Bce, Governo nazionale - deciderà di fare interventi pro-crescita fuori dall'ordinario, non convenzionali, chiesti inutilmente qualche giorno fa su queste colonne anche al Comune. Il quale, invece, per quanto in suo potere, ha fatto il possibile perché ogni auspicabile futuro ciclo economico espansivo passi senza lasciar traccia a Perugia e dintorni. Ora, dopo la svolta conservatrice di Perugia e l'avvento di questo inedito centrodestra delle tasse, chi ha a cuore le sorti dell'Umbria ha il dovere di concentrarsi sulla Regione. A marzo si vota. Serve una classe dirigente che sappia fare scelte anche dolorose, che abbia carisma e determinazione. Non importa - è stato qui ripetuto a sfinire - “chi” ma “come” governerà. La questione centrale è quella della spesa pubblica. Bisogna drasticamente risparmiare su quella improduttiva per liberare risorse per il lavoro e gli investimenti e dare un futuro a famiglie e imprese.



Però chi entra nei palazzi umbri del potere ritiene sia compito suo quello di fare solo manutenzione della spesa pubblica, che è stata, inutile negarlo, una ciambella di salvataggio in crisi passeggere fino a questo momento, ma è diventata una zavorra non più sopportabile dall'economia umbra adesso che la crisi è lunga, profonda e severa. La crisi ha ristretto la piscina, la ciambella di salvataggio nel contesto attuale è così ingombrante che impedisce di nuotare a qualsivoglia iniziativa privata. Non è un caso che le aziende dell'export con bilanci positivi preferiscano non allungare le radici sul territorio, non costruirsi intorno una rete anche se ne otterrebbero dei vantaggi, per non avere a che fare o peggio dover adottare pezzi della debordante burocrazia regionale. Eppure sindaci e presidenti agiscono come fossero amministratori delegati degli enti che guidano. Spesso hanno come referenti più il personale degli enti che i cittadini. Quasi sempre finiscono per gestire il quotidiano insieme con i direttori generali invece di indicare obiettivi politici e vigilare sulla loro realizzazione. Per fortuna c'è in giro il certosino Mario Bravi, segretario Cgil, un Silvio Pellico della crisi, che a ritmo mensile aggiorna sulla disoccupazione, sulle ore di cassa integrazione, sugli scenari che delineano tempi e modi di una vera e propria deindustrializzazione dell'Umbria. Gli ultimi dati sono di ieri l'altro e rappresentano un bollettino di guerra.Pare che a Perugia la nuova giunta abbia in serbo, per le famiglie nella morsa della crisi, qualche eccitante piano di arredo urbano, in Regione non hanno neanche la possibilità di cambiare la disposizione delle fioriere in corso Vannucci. Si devono concentrare sui dossier che contano. In questi mesi che portano a campagna elettorale ed elezioni regionali invece di modeste intese di vecchio conio sarebbe bello sentir parlare di strategie anticrisi, di come cambiare nel profondo quel tessuto economico e sociale il cui ordito, nel bene e nel male, ha retto fin qui ma che adesso non è più presentabile. È il tempo delle scelte, delle iniziative fuori dall'ordinario, non convenzionali, che aprano al futuro e un po' - senza retorica - alla speranza. Occorrono attori che sappiano darsi dei traguardi ambiziosi e abbiano la scorza e la tenacia per perseguirli. Andando anche “contro”, se serve.