Omicidio Meredith, Rudy dal carcere:
«Ho detto la verità sulla sua morte»

Rudy Hermann Guede con l'avvocato Nicodemo Gentile
di Egle Priolo
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Sabato 12 Ottobre 2013, 21:24 - Ultimo aggiornamento: 13 Ottobre, 10:21
PERUGIA - Il dna di Amanda? Forse. Il coltello di Raffaele l’arma del delitto? Pu essere. Oppure no. Perizie, controperizie e analisi impossibili soltanto prima di oggi.

Dubbi a cui dovranno dare una risposta i carabinieri del Ris, ma con i paletti imposti dalla Corte d’assise d’appello di Firenze chiamata a giudicare per la quarta volta Amanda Knox e Raffaele Sollecito, accusati dell’omicidio di Meredith Kercher.

Dubbi, prove scientifiche rivoltate in base alle esigenze di accusa e difese, eppure davanti alla Corte presieduta da Alessandro Nencini potrebbe arrivare la verità di chi, senza dubbi, nella casa di via della Pergola, la sera tra il primo e il 2 novembre 2007 c’è stato sicuramente. È la verità di Rudy Guede, condannato in via definitiva a 16 anni per omicidio in concorso. In concorso con chi lo deciderà la verità processuale di questo quarto grado o forse non si scoprirà mai. «Rudy è stato tacciato come inattendibile e bugiardo - attacca Nicodemo Gentile, suo avvocato insieme a Walter Biscotti -. Ma dopo sei anni il bugiardo è in carcere e la verità qual è?».

Rudy è in carcere da pochi giorni dopo il delitto, quando venne subito trovato dopo la fuga in Germania. Ha sempre ammesso di essere stato nella casa del delitto quella notte, ma di essere in bagno ad ascoltare musica mentre Meredith veniva uccisa. «Ho sentito un urlo, poi i passi sul selciato. C’erano più persone, ma non ho ucciso io Mez». A confermare che non è il giovane ivoriano l’esecutore materiale dell’omicidio, tutte le sentenze, comprese due della Cassazione. Ha partecipato, hanno detto i giudizi, ma non aveva lui il coltello in mano. «Lui ha pagato e sta pagando - continua l’avvocato Gentile - ma non gli hanno mai creduto. Ha sempre raccontato la sua verità, è stato considerato inattendibile eppure ancora oggi si brancola nel buio. Il bugiardo, intanto, è ancora in carcere, a maggio potrebbe già avere le carte in regola per ottenere dei permessi, ma non ci pare che la verità sia saltata fuori».

Durante la prima udienza in Corte d’assise d’appello si è parlato dell’ipotesi di risentire il giovane cestista: nessuno l’ha smentita e potrebbe davvero accadere che Rudy esca dal carcere alla volta della maxi aula 32 del tribunale di Firenze. «Non ci sono ancora punti fermi - insiste Gentile - forse sarebbe davvero il caso di risentirlo. Si è ripartiti dalle parole di Luciano Aviello, già considerato inattendibile. E allora, bugiardo per bugiardo, si riparta da chi in quella casa c’era davvero. Partendo da due certezze: la sentenza di Rudy è definitiva e soprattutto anche il giudizio di rinvio della Corte di cassazione spiega che lui non c’entra con la simulazione della finestra rotta per entrare in casa. E ci chiediamo: degli estranei, magari il citato fratello di Aviello, che bisogno avrebbero avuto di simulare? Se simulazione c’è stata, è chiaro che è stata fatta per allontanare l’idea che gli assassini fossero in grado di accedere alla casa senza difficoltà, direttamente».

Insomma assassini conosciuti, visto che non c’erano altri segni di effrazione tranne la finestra rotta su cui il presidente Nencini ha rigettato la richiesta di nuovi accertamenti, dando quindi per buono quanto assodato dalle precedenti sentenze.

Tutto torna allora alle prossime udienze fiorentine. A partire da quella attesissima del 6 novembre, quando il maggiore Andrea Berti e il capitano Filippo Barni, ufficiali della sezione di biologia dei Ris di Roma, spiegheranno a quali conclusioni sono arrivati dopo le analisi della traccia “I” trovata sul coltello sequestrato a Sollecito e che secondo le prime indiscrezioni apparterrebbe ad Amanda. «Le indiscrezioni? Noi siamo tranquilli e sereni come prima - ha detto Luciano Ghirga, avvocato dell’americana -, ma in ogni caso aspettiamo la valutazione e l’interpretazione dei dati degli esperti. Il loro lavoro non è finito e ricordiamo che anche noi abbiamo chiesto questo ulteriore accertamento, convinti che non ci fosse nessuna sorpresa».

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