Perugia, per il mobbing denuncia choc:
«Hai un figlio? Vai alle fotocopie»

Perugia, per il mobbing denuncia choc: «Hai un figlio? Vai alle fotocopie»
di Luca Benedetti
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Domenica 14 Gennaio 2018, 17:39
PERUGIA - Dentro al posto di lavoro il mobbing arriva strisciante e sempre più forte, sempre più presente. La denuncia di una situazione da allarme rosso arriva da Angelo Garofalo, presidente di Adoc Umbria e responsabile nazionale antimobbing della Uil Fp: «Che la situazione del mobbing si sia aggravata lo dicono i numeri. Anche quelli del primo scorcio del nuovo anno. Aumentano le segnalazioni, però, ed è bene sottolineato perché più consapevolezza da parte della vittime».
Il pubblico impiego fa la parte del leone, ma non solo. E sono le donne a soffrire di più. Ancora Garofalo: «Uno degli ultimi casi che stiamo seguendo con il nostro ufficio legale è quello di una lavoratrice mamma che una volta tornata in ufficio dopo aver dato alla luce il secondo figlio si è trovata demansionata: aveva una ruolo dirigenziale, l’hanno messa a fare le fotocopie». Ecco che il caso diventa da avvocati. Come altri due per trasferimenti, ritenuti immotivati, per chi lavora, stavolta, negli uffici pubblici. Garofalo fa il conto: «Se il pubblico impiego tocca l’ottanta per cento delle segnalazioni che arrivano al nostro servizio, quelle che indicano casi di mobbing post partum, sono il dieci. E il “lei ha voluto il secondo figlio adesso vuol fare anche carriera?”, è una frase che ci sentiamo raccontare spesso». Tackle pesantissimo già non bastasse la vergogna del mobbing.
«Le donne sono quelle che finiscono di più nel mirino», spiega Garofalo. «Il canone è quello classico. Prima- aggiunge- il corteggiamento. Se respinto si passa alla molestia e al mobbing», disegno feroce di chi ascolta decine di casi l’anno e ha già preso una decisione: trasferire lo sportello che si trova nei locali della Provincia, in piazza Italia in altri uffici: «Abbiano visto che c’è bisogno di locali meno in vista: chi è vittima di mobbing per denunciare vuole una privacy assoluta.
C’è un passaggio nell’analisi di Garofalo che vale la pena di essere sottolineato. L’affondo è sul pubblico impiego, sui suoi mali, e il passo è anche legato alla crisi e ai tagli: «Meno soldi, contratti non rinnovati, meno possibilità di fare carriera hanno fatto alzare il rischio mobbing. Si è creato un collo di bottiglia. E la lotta per fare un passo avanti diventa feroce. In alcuni casi c’è il sospetto che ci siano atti dirigenziali che diventano mezzi per bloccare le carriere magari di chi è più bravo. Solo perché può andare a occupare il posto di altri. E non c’è ancora completa consapevolezza negli uffici di quello che può essere e provocare il mobbing». Un sasso pesantissimo che cade nello stagno del lavoro pubblico.
I NUMERI
Lo scorso anno allo sportello Adoc sono stati segnalati 172 casi di mobbing. Agli sportelli dell’associazione di difesa dei consumatori, si sono rivolte 110 donne e 62 uomini. Una crescita pesante rispetto al 2016 quando le segnalazioni erano state 144 con 98 donne tra le presunte vittime e 46 uomini.
Il dato dice che il 63,9% dei casi riguarda donne confermando le parole di Garofalo. Che ha fatto un altro conto. Quanto può costare un caso di mobbing? «Può arrivare-dice- anche a centomila euro. tra spese legali, spese mediche, assenze dal posto di lavoro e calo della produttività sia della vittima che del mobber. Ecco, per esempio, perché in Germania, spendono il doppio che in Italia per prevenire intervenendo nei casi di cosiddetto pre mobbing». E, per rimanere ai numeri, nell’anno appena iniziato agli sportelli dell’ Adoc sono arrivati 4 segnalazioni contro l’unica di inizio 2017.
 
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