Perugia, a Fontivegge tra siringhe al parco e veleni

Perugia, a Fontivegge tra siringhe al parco e veleni
di Egle Priolo
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Martedì 17 Agosto 2021, 09:00

PERUGIA - Una siepe del parco cittadino piena di siringhe usate. E come didascalia: «Proseguono le vaccinazioni alla Verbanella. Si può ritirare il green pass in Vva Angeloni». Una foto e una frase. Con una forza più devastante di un pamphlet sulla sicurezza. Per raccontare cosa sia il degrado e il problema dello spaccio e dell'uso di droga nella zona della stazione. È apparsa sulla pagina Facebook del comitato Progetto Fontivegge e l'ironia amara racconta il quartiere meglio di mille parole. A cui si aggiunge il sarcasmo di chi ha rilanciato con «I tamponi in piazza del Bacio».

Una narrazione che prosegue anche con un dibattito serrato, dopo l'intervento della segretaria della Camera del lavoro di Perugia Vanda Scarpelli che ha parlato della necessità, che va oltre la «prevenzione e repressione dei reati», di interventi di riqualificazione delle aree degradate, interventi contro la marginalità e l’esclusione sociale, serve aggredire la povertà, serve aumentare il livello di coesione e di solidarietà sociale».
«Non ci siamo – risponde però proprio Progetto Fontivegge, che rappresenta residenti e commercianti del quartiere -. A quanto pare nessuno, tranne pochi singoli, riesce a capire fino in fondo il disagio e le problematiche del quartiere. L'ultima uscita a nostro giudizio “maldestra” proviene da Vanda Scarpelli della Cgil. Lanciando proposte di integrazione, solidarietà sociale e interventi contro la marginalità e l'esclusione sociale, la sindacalista collega in qualche modo la criminalità presente nel quartiere con presunte condizioni di disagio sociale. La realtà, invece, ci dice qualcosa di molto diverso».

In un comunicato del comitato, infatti, si riassume la storia di Fontivegge, prima «quartiere sicuro, dignitoso e decoroso», in cui «non c'è mai stato alcun fenomeno di criminalità autoctona. Non siamo a San Basilio, né a Quarto Oggiaro né a Scampia», si ribadisce. Ma «la criminalità allogena non si è innestata su alcun disagio sociale né su un tessuto malavitoso preesistente, ma ha colpito un quartiere normale allontanando le famiglie e le attività che lo popolavano». Ci sono «alcuni positivi casi di integrazione», ma «molti degli immigrati che vivono a Fontivegge non hanno praticamente contatti con i residenti italiani, non perché emarginati ma semplicemente perché non vogliono averne. Integrarsi per rispettare la legge e trovare un lavoro regolare significherebbe infatti per loro dover rinunciare ai lauti introiti - facili, immediati ed esentasse - dello spaccio, del commercio abusivo o della prostituzione». «Fare i conti con la realtà può essere difficile ma risulta necessario – è la conclusione, dopo aver ringraziato la consigliera Cinquestelle Maria Cristina Morbello “unica a chiedere un confronto con noi” -. Fin quando ci si ostinerà ad inseguire un modello di accoglienza palesemente fallimentare non verremo a capo di nulla. Pensare che un assegno sociale di qualche centinaio di euro possa convincere uno spacciatore o uno sfruttatore della prostituzione a cambiare vita è pura utopia. Servono condanne esemplari, garanzia della pena in carcere ed espulsioni dal territorio nazionale. Non c'è altra soluzione».

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