Droga, a Perugia sette anni
di castigo e pregiudizio

Droga, a Perugia sette anni di castigo e pregiudizio
di Italo Carmignani
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Martedì 1 Luglio 2014, 17:31 - Ultimo aggiornamento: 17:32
PERUGIA - Adesso, il giorno dopo l'ennesima scoperta della tv celeste di una citt bruciata dalla droga, e la settimana dopo la rimozione del prefetto Reppucci per manifesta incapacit decretata da Renzi e decisa da Alfano, vederla in controluce, sagomata dal profilo bianco e irregolare delle sue pietre etrusche, dall'alto delle sue torri e dal basso delle sue piazze medievali, dal profondo della sua cultura, Perugia appare antica e stanca sopra i suoi tetti rossi e lucidi.

Prima di quella frase infelice e paradossale del prefetto contro le mamme perugine colpevoli di non scoprire i figli tossici e per questo invitate al suicidio, per troppo tempo l'insidia della droga, dell'eroina, della cocaina, di uno spacciatore ogni cinquecento abitanti, dei morti non suoi per overdose, dello spaccio sotto casa, dei media pronti a raccontarla cupa, insidiosa, cattiva, l'hanno tagliata come lama nel burro, con facilità innocente, veritiera, ma anche feroce. Quando sette anni fa, la città in cui fino ad allora la sostanza stupefacente più diffusa erano le tavolette di fondente Luisa e i cattivi erano il terribile e introvabile Saladino delle figurine Perugina, sprofondò nell'ombra delle statistiche che la volevano d'improvviso il supermarket preferito dai tossici come l'autobus più affollato per i viaggi con l'ecstasy, e la sua piazza IV Novembre, dove muta e asciutta c'è la sua Fontana, cara ai Podestà e ai Papi, una centrale per il traffico non automobilistico, è stato un susseguirsi di convegni, tavole rotonde, pattuglioni, e iniziative. Meno una.



Sette anni fa moriva Meredith Kercher, la studentessa inglese uccisa, secondo l'ultimo processo, da un'americana Amanda Knox, e da un barese, Raffaele Sollecito, l'omicidio poteva consumarsi a Toronto come ad Assisi, ma è diventato lo stesso il peggiore biglietto da visita, il più devastate dei caroselli, il più potente dei veleni per una città senza antidoto e senza complicità. Ma quel delitto, in cui il massimo della droga erano un paio di spinelli fumati da Amanda, ha portato nella luce qualcosa di cui nessuno voleva accorgersi, una tolleranza ignava verso il consumo di sostanze proibite. Mai tanti spacciatori si sono insediati in una città dalla storia solida e dignitosa, dalla gente attenta, forse ombrosa e lenta, ma mai cattiva. Trecento pusher s'infilano ogni anno nella città dei baci alla nocciola, e prendono il posto dei trecento che vengono arrestatati, condannati allontanati. E ogni anno, secondo una stima per difetto, passano da queste parti 200mila dosi di cocaina e almeno 400mila di cannabis e quasi 300mila di eroina. Ora Giuseppe Capaccioni, leader dei commercianti del centro, racconta di una politica che non ha saputo affrontare la situazione, non ha saputo difendere una città, non ha capito quanto fosse grande il desiderio di sicurezza, quanto fosse importante per un sindaco scendere in piazza e tra le strade assieme ai suoi cittadini. Vero. Quando il testimone delle elezioni è passato dal centrosinistro Wladimiro Boccali, amato più dai giovani turchi del Pd che dai perugini, al più popolare, vivace attento (più renziano che centrodestro) Andrea Romizi, la città non ha voluto cambiare solo casacca, ma il suo stile. E ora aspetta all'opera il nuovo sindaco, ma non è sospettosa, bensì fiduciosa e pronta. Mai i minori di venticinque anni bramavano per un selfie con il sindaco di Perugia. Con Romizi fanno la fila, perché quello che è mancato a Perugia, quella iniziativa mai avuta, è averla toccata, accarezzata, riempita di pacche sulle spalle, di baci. A lei come alle sue mamme.Sarebbe ingeneroso e falso, smorzare tutte le ricerche dell'antidoto consumate da quei sette anni in poi, come fossero fuochi di un attimo, cafoni tentativi di eludere il problema. Perché non è mancato tanto l'insuccesso dei fatti e degli arresti, quanto quello della comunicazione. Tutta una città, considerata in Italia non solo il cuore verde, ma anche il motore vivace della musica con Umbria Jazz o della gastronomia e la dolcezza con Eurochocolate, ha cercato di cambiare registro, dal nuovo rettore dell'Università italiana Franco Moriconi che ha dato un appeal alle sue iscrizioni mancate (anche) per la brutta copertina della città, a quello dell'ateneo per Stranieri, Giovanni Paciullo, che ha voluto riflettori sorridenti davanti al suo palazzo in piazza Gallenga, incolpevole teatro del più vasto giro di scambi di bustine e spade, in gergo le siringhe. Nonostante le conferenze degli investigatori e le cifre che vogliono una deportazione fisica di 180 delinquenti in sei mesi, 370 in un anno, con tanto di aereo verso casa loro e comunque lontano da Perugia, nonostante un'attenzione non solo percepita, ma fattiva, a tutte le chiamate di soccorso e d'emergenza ai centralini di carabinieri, polizia e finanza, nonostante l'avere sgominato neanche un mese fa un traffico di cocaina con il Brasile attraverso un'attività investigativa degna di Scotland Yard, Perugia non si scrolla di dosso quella polvere sempre bianca, velenosa e micidiale. Nonostante stia peggio Terni, la sua sorella minore, dove il consumo di cocaina che di Cannabis sono aumentati. Nel 2013 rispetto al 2011, Terni è passata da 2,6 dosi al giorno ogni mille abitanti a 3,2 dosi, mentre Perugia è passata negli stessi anni da 5,1 a 3,2 dosi. Con una differenza: anche se sempre meno, Perugia si accosta a Milano per giro di stupefacente. Niente da fare.«In sette anni però abbiamo cercato di seminare il bene», spiega il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo amato come nessuno dei suoi predecessori. Per poi aggiungere: «Perché questa città lo merita e lo meritano i suoi fedeli e i suoi cittadini». Il procuratore generale, Giovanni Galati, ha vissuto in prima persona la brutta pagina del prefetto Reppucci (altro mai amato dalla città) e la sua infelice frase «se una madre non si accorge del figlio drogato si deve suicidare», e ora spiega: «Perugia non è la capitale del narcotraffico perché non è Bogotà e perché il narcotraffico presuppone l'insediamento massiccio del crimine organizzato. E non è così, certa stampa sbaglia a continuare a parlare di primati perché i successi contro la droga ci sono stati e sono sotto gli occhi di tutti». Perugia si risveglia nella sua campagna apparita e accarezza le parole di Albert Einstein: è più facile spezzare un atomo che un pregiudizio. Consapevole di essere, per ora, ferma al primo infinitesimo.
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