I parcheggi dell'ospedale Silvestrini
esempio di scarsa razionalità

I parcheggi dell'ospedale Silvestrini esempio di scarsa razionalità
di Ruggero Campi
4 Minuti di Lettura
Lunedì 16 Gennaio 2017, 09:54
Buon giorno, sono Silvia dell’ufficio servizi dell’Ospedale Santa Maria della Misericordia. La chiamo perché il CUP mi ha segnalato che Lei domani deve venire nella nostra struttura per un elettrocardiogramma. Me lo conferma?
"Sì il controllo è per domani alle 9.”  
"Bene, allora per consentirLe un accesso immediato e quanto mai agevole, La informo che Le abbiamo riservato il parcheggio n° X dalle ore 8,30 sino a quando non avrà terminato i controlli sanitari. Se ha necessità di essere accompagnato non esiti a segnalarcelo. A domani.

Un sogno irrealizzabile, ovviamente, e se ricevessimo una telefonata di questo tenore, avremmo forse il dubbio di essere su “Scherzi a parte”, la simpatica trasmissione televisiva. Sono i pensieri (sogni) che vengono quando, come me, si sta girando in tondo nel parcheggio dell'Ospedale Silvestrini, o Santa Maria della Misericordia che dir si voglia, dopo aver affrontato la coda dietro un autobus bloccato da macchine parcheggiate selvaggiamente. A mia volta mi destreggio cercando uno spazio praticabile tra automobili arrampicate su aiuole e terrapieni. Quando riesco ad infilare la mia in un buco scosceso in aperta campagna, mi rallegro di avere scarpe off-road e soprattutto di non avere al seguito una persona anziana. Se si accompagna qualcuno che non può affrontare lunghi e disagevoli tragitti a piedi, si possono convincere i volontari che presidiano l’entrata del parcheggio e arrivare fino all'ingresso dell’ospedale, ma - giustamente - si può sostare solo un attimo e dunque si deve abbandonare la persona che accompagniamo al suo destino mentre noi cerchiamo un parcheggio, sperando che il cliente della Sanità arrivi a sedersi sano e salvo nell'atrio. L'Ospedale Silvestrini è sorto in un'area vasta e libera in aperta campagna: era troppo pretendere che venissero pensati dei parcheggi razionali, visto che non c'erano – almeno apparentemente – limiti di spazio? Ed ancora. Era troppo pretendere una ragionevole previsione degli ingressi giornalieri, tra medici, infermieri, operatori, studenti, malati, familiari, badanti, accompagnatori e visitatori? Perché sottoporre - crudelmente, visto che in ospedale nessuno ci va per divertirsi - le persone ad uno stress in più, in momenti magari drammatici o tristi della loro vita? Ed invece, niente parcheggi sotterranei protetti dalle intemperie, con un fondo adatto a spingere carrozzelle e a camminare anche in condizioni di mobilità ridotta, con ascensori e comode rampe. Qualcuno forse dirà: ma c’è la stazione ferroviaria con l’omonima fermata. Sì, ma è distante e le corse dei treni non frequenti; gli autobus percorrono con vasti giri le periferie e con questi modestissimi standard non costituiscono una soluzione praticabile. Il minimetrò..., beh inutile parlare di una ennesima occasione persa. Non è questione di senno di poi, ma era tanto difficile immaginare (anche in termini di banali flussi di cassa) quale vantaggioso traffico di passeggeri si sarebbe sviluppato sulla linea se fosse stato servito da subito il Silvestrini?

I ricordi, allora, corrono al passato, al vecchio Monteluce. Di quello nuovo ne riparleremo. I numeri erano diversi, e le macchine circolanti pure... certo, però che comodità per noi perugini. Un ospedale per quei tempi a misura d’uomo, anche se obsoleto, improponibile oggi con i vetusti padiglioni, ma raggiungibile e situato non solo in città, ma in mezzo a un microcosmo attivo: la banca, la posta, il giornalaio e il mitico bar Loris sotto il suo pergolato. C’era anche un comodo parcheggio  multipiano che non deturpava il paesaggio, con un sottopasso che riportava alla piazza. Entrare in macchina in ospedale era privilegio degli autorizzati, ma si poteva provare a convincere l’addetto alla portineria indicando significativamente la persona che avevamo al fianco, al limite con il fazzoletto bianco al finestrino! Roba da libero arbitrio, però che sensazioni di gentilezza allo stato puro. Ripeto, altri tempi, non c’è dubbio. Oggi le piccole strutture - a ragione o a torto - scompaiono, sono “diseconomiche” e vengono  inghiottite dai “poli” dove si concentrano grossa ricettività, specializzazione, macchinari costosi. Appunto. Il Silvestrini, figlio inconsapevole delle economie di scala, troneggia immenso alle porte di San Sisto, insieme ai volontari caritatevoli che indicano la strada da prendere agli utenti incerti tra colori, blocchi e punti cardinali… e agli abusivi autentici “protettori” di automobili. Ad un parcheggio razionale ci si può ancora arrivare: che poi è come dire rispettiamo i Clienti della Sanità; dai, proviamoci perché la speranza è sempre l’ultima a morire, figuriamoci in ospedale!
© RIPRODUZIONE RISERVATA