Il segretario Pd Leonelli:
«A Perugia e Terni,
subito i candidati sindaco»

Il segretario del Pd Giacomo Leonelli
di Federico Fabrizi
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Domenica 16 Luglio 2017, 19:34
PERUGIA - Dal fuggi fuggi dopo le elezioni di Todi alla scelta dei candidati sindaci del 2019 con un anno d’anticipo, fino all’idea di un partito nuovo «convincente per il progetto che ha». Il segretario regionale del Pd Giacomo 
Leonelli pianta i suoi paletti, affonda qualche colpo e disegna i prossimi mesi dei dem. 
Leonelli, cominciamo da Todi: qualcuno dice che il Pd s’è visto poco in campagna elettorale.
«Non è corretto: a Todi sono andati i ministri Martina e Minniti e la segreteria regionale ha organizzato tante iniziative. Poi nell’uno contro uno del ballottaggio, come ovunque, la scena è stata lasciata di più al candidato sindaco».
Ma ha vinto il centrodestra nella città della presidente di Regione.
«Precisiamo: a Todi il centrosinistra ha perso e il Pd è cresciuto di 2 punti rispetto al 2012. Lì alle regionali eravamo sotto di 7 punti e alle politiche di 3. Nello specifico l’apparentamento di Forza Italia con Casapound ha militarizzato tutto l’elettorato di destra. Ma sia chiaro: non è come Perugia dove tra primo e secondo turno c’erano mancati 14mila voti assoluti, a Todi abbiamo perso per 26 voti».
Ma quei 26 voti fanno tanto rumore.
«Sono rimasto molto perplesso, per usare un eufemismo, dal fuggi fuggi del gruppo dirigente del partito. Non è pensabile che si perda Todi e l’unico esponente regionale che dice qualcosa sono io. Dov’è la solidarietà nel partito? Ad Assisi e Città di Castello eravamo in tanti a festeggiare no?».
Materiale per riflettere alla vigilia dei congressi e della scelta delle candidature per il Parlamento.
«Mah... delle candidature per il Parlamento ne discuteremo, ma se ne occuperà prevalentemente il nazionale».
E adesso arrivano i congressi.
«Il nazionale ci propone tempi brevi, anche io sostenevo che non si dovesse attendere troppo per “fare il tagliando” al partito e si è dimostrato che non era un’idea campata in aria. Noi nel 2019 avremo una tornata importantissima: 5 delle 6 città più grandi dell’Umbria».
Cominciamo da Perugia.
«Sono trascorsi tre anni da una sconfitta che ha lasciato veleni e contrapposizioni pesanti e un pezzo di classe dirigente è evaporata. Ora è finito il tempo del navigare a vista: il nuovo segretario e il nuovo gruppo dirigente dovranno essere l’ossatura della nostra proposta per la città. La mia idea è che in tutte le città al voto nel 2019 siano avviati, se non definiti, i percorsi per selezionare candidati sindaci anche un anno prima del voto. C’è sempre più richiesta di confronto e di interazione diretta da parte dei cittadini. Non possiamo sottrarci, altrimenti perdiamo». E Terni?
«Al di la della contingente vicenda della Corte dei Conti che dovrà essere valutata, vedremo gli sviluppi nelle prossime ore, ho condiviso la posizione di Di Girolamo quando dice: portiamo la nave in porto evitando danni per la città e per la comunità, attracchiamo e voltiamo pagina aprendo una fase nuova per la città. È la riflessione di un gruppo dirigente maturo».
Strategie, candidati, ma che partito regge tutto questo?
«I primi di settembre faremo una conferenza programmatica per affrontare una volta per tutte un nodo: in Umbria il Pd non può essere il formato mignon dello schema di trent’anni fa. Cioè non può aspirare ad assomigliare a quella forza politica che grazie ad una spesa pubblica significativa riusciva ad incidere, in modo quasi invasivo, nelle vite delle persone, con conseguenti aspettative e consenso. E il Pd non può assolutamente essere il partito del voto contro qualcosa...».
E cosa dev’essere allora?
«La cosa più difficile: il Pd deve qualificarsi per le scelte. Quindi: bastano gli investimenti su promozione e turismo? Bastano le risposte per le aree del terremoto? Io penso ad esempio che sul danno indiretto sia stato fatto un buon lavoro. Poi le infrastrutture, oggi fondamentali: agganciare l’Umbria all’alta velocità deve essere un obiettivo di legislatura. Tutto questo nella regione che ha pagato di più la crisi 2008-2014, e di sconti te ne fanno davvero pochi. Anche i dati Istat mostrano quanto la strada sia in salita. Noi dobbiamo fare un patto con la comunità regionale dicendo: non costruiremo un impianto sportivo o una scuola se non serve, ma pensiamo ad esempio che bellezza e qualità siano vettori di sviluppo, stai con noi su questo progetto».
Torniamo dentro il partito, Leonelli, come si sta nel dualismo Marini-Bocci?
«Il problema non è nel carisma di alcune personalità. Il problema è che in tanti, anche tra i più giovani, prima di giocare le proprie partite corrono a proteggersi sotto ombrelli che considerano più ampi. Ma l’atteggiamento “mi metto la casacca poi vediamo” è devastante: dal circolo di Poggiodomo all’assemblea regionale c’è un confronto troppo spesso mediato da posizionamenti precostituiti. Uscire da questa dinamica non è fare la guerra a tizio o caio ma recuperare margine di manovra per il partito, altrimenti per costruire gli equilibri basta un ragioniere che conta le tessere».
Detto tutto questo, Giacomo Leonelli che fa: segretario regionale bis o parlamentare?
«Forse né l’una né l’altra. Non credo di andare in Parlamento anche perché sono papà da poco e voglio dedicarmi a mio figlio. Quanto alla segreteria regionale, avevo detto che la mia disponibilità c’era difronte ad un gruppo che volesse caricarsi sulle spalle il futuro, questo rimane valido per rimettermi in gioco su un’esperienza formativa ma umanamente dura e logorante, ma a patto di sentirmi “il capitano”, diciamo così, di una generazione decisa a farsi classe dirigente dell’Umbria con le proprie idee. Aggiungo che il fuggi fuggi dopo la sconfitta di Todi mi ha lasciato molto perplesso sul livello di solidarietà interna del partito... vedremo».
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