«Sanitopoli, condannati
per eccesso di potere»

«Sanitopoli, condannati per eccesso di potere»
di Egle Priolo
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Mercoledì 18 Febbraio 2015, 12:01
PERUGIA - Sessantadue pagine per spiegare sette assoluzioni e 25 mesi di condanna complessiva: quello che resta di Sanitopoli, almeno fino al processo di appello.

Sessantadue pagine in cui i giudici Nicla Flavia Restivo, Daniele Cenci e Valerio D’Andria spiegano il falso in quelle due delibere regionali (la 46 e la 1402 del 2009) per cui a novembre hanno condannato l’ex presidente della Regione Maria Rita Lorenzetti a otto mesi e l’ex assessore regionale alla sanitàMaurizio Rosi e l’ex dirigente regionale alla sanità Paolo Di Loreto a otto mesi e 15 giorni. Quelle due delibere riempite successivamente alla loro approvazione con le richieste di assunzioni pervenute dalle Asl. Ma attenzione: «Non per logiche clientelari, quanto di esigenze di accentramento delle decisioni». Insomma, di potere.



Il collegio, infatti, con una mossa a sorpresa a novembre, dopo sette ore di camera di consiglio, ha scelto di far cadere l’accusa di abuso di ufficio e di diversificare fatti e posizioni. Ha messo in controluce i capi di imputazione contestati dai pm Mario Formisano eMassimo Casucci e ha verificato ogni richiesta pervenuta alla giunta. Segnando in rosso quelle arrivate dopo l’approvazione. Ecco il senso di quel «limitatamente» riferito alle condotte successive alla firma dei due atti e per cui Lorenzetti, Rosi e Di Loreto sono stati condannati. Assolti, invece, tutti gli altri imputati: Gigliola Rosignoli, ex manager della Asl 3, difesa da Claudio Franceschini, Sandra Santoni, ex braccio destro della Lorenzetti, assistita da Saverio Senese, Giuliano Comparozzi, Giancarlo Rellini, Franco Biti, Luca Conti e Francesco Ciurnella, dirigenti e segretari regionali, difesi da Nicola Di Mario, Nicodemo Gentile e Angiolo Casoli. Per loro, il tribunale ha riscontrato «la mancanza di offensività della condotta di falso materiale contestata». Anche se nelle motivazioni del collegio non mancano le bacchettate: soprattutto ai segretari Biti e Conti per una verbalizzazione «estremamente sciatta».



I giudici con pazienza e precisione hanno messo in fila le richieste di autorizzazione e l’iter di formazione delle due delibere. Con l’istruttoria che ha «ampiamente riscontrato l’assunto accusatorio secondo cui il contenuto di entrambi tali delibere, vale a dire l’elenco dei posti autorizzati, fu determinato in realtà ben successivamente alla data della loro adozione formale (rispettivamente 19 gennaio e 5 ottobre 2009) e, dunque, entrambe le delibere furono in effetti formate al di fuori e successivamente alla riunione della giunta regionale». Una convinzione che, escluse le intercettazioni, i giudici hanno costruito con i mattoni delle testimonianze cementati dai cd di Sandra Santoni: diari così puntuali da inchiodare a marzo 2009 le decisioni su una delibera approvata a gennaio. «Dunque solo due mesi dopo - spiegano i giudici - la data formale di adozione della delibera l’assessore Rosi avrebbe preso la sua decisione sulle autorizzazioni, evidentemente del tutto al di fuori di ogni decisione della giunta». Le difese hanno sempre spiegato come lo stesso regolamento di giunta prevedesse eventuali fasi di completamento da eseguire negli uffici dell’assessorato, ma che, per i giudici, non possono «chiaramente incidere sul contenuto stesso della delibera». Con il riempimento successivo che costituisce quindi «un’abusiva attività di formazione». Attività che i giudici ascrivono solo alla responsabilità di Lorenzetti, Rosi e Di Loreto (difesi dagli avvocati Luciano Ghirga, Valeriano Tascini e Lorenzo Tizi) di cui si sottolineano «evidente coinvolgimento» e «provata partecipazione».



Cade l’ipotesi dell’accusa che voleva quelle due delibere asservite alla volontà di assumere alla Asl di Foligno Sandra Santoni (effettivamente assunta, ma con un contratto diverso da quello delle delibere contestate) e cade la partecipazione degli altri imputati (compresa Gigliola Rosignoli, richiamata negli appunti della Santoni per gli accordi con Di Loreto e Rosi) che «hanno compiuto un ruolo meramente esecutivo che non ha comportato la sottoscrizione degli atti ideologicamente falsi, né un contributo alla determinazione del contenuto delle delibere». I giudici poi spiegano anche l’entità della condanna, quasi dimezzata rispetto alle richieste della procura: «Al fine di adeguare la pena alla gravità del fatto deve considerarsi che l’istruttoria ha fornito indicazioni nel senso di un serio impegno della giunta Lorenzetti e in particolare dell’assessore Rosi al fine di contenere le spese della sanità, sicché le condotte di reato, pur chiaramente sussistenti, non sono risultate tanto espressione di logiche clientelari, quanto piuttosto di esigenze di accentramento delle decisioni».
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