L'Umbria e le donne al lavoro negli uffici pubblici: più lauree ma i capi sono soprattutto uomini. Ecco i numeri

I dati su donne, lavoro e gender gap in Umbria
di Egle Priolo
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Martedì 5 Marzo 2024, 08:49

PERUGIA - Tre presidenti di Regione donna negli ultimi cinque mandati. Tre rettrici nella storia dell'Università per stranieri, ancora un unicum a livello nazionale. E poi donne sindaco in tantissimi dei 92 Comuni umbri, dai più piccoli fino al record - stabilito anni fa - di Corciano all'epoca dei suoi 16mila abitanti. A cui aggiungere il comando delle polizie locali di Perugia e Foligno affidato a dirigenti con la gonna. Numeri, storie e volti che farebbero pensare a un'Umbria in rosa nei ruoli apicali, che però i dati smentiscono: negli enti locali - Regioni, Province e Comuni italiani – se le donne laureate sono quasi il doppio rispetto ai colleghi uomini, in Umbria in realtà rivestono solo il 40 per cento dei ruoli di maggiore prestigio e responsabilità. Una percentuale anche inferiore alla media nazionale del 41 per cento, che pone l'Umbria al quindicesimo posto in Italia, sopra solo a Puglia (39%), Marche e (38%), Sicilia e Veneto (35%). A guidare la classifica nazionale è l'Abruzzo con un 48 per cento, seguono Molise e Valle d'Aosta (47%), Emilia Romagna (46%), Calabria, Campania e Liguria (45%), Friuli Venezia Giulia, Lazio e Lombardia (43%), Trentino Alto Adige e Sardegna (42%), Basilicata e Piemonte (41%).

In pratica, in Umbria solo 4 donne su 10 hanno raggiunto i vertici degli uffici pubblici, secondo una ricerca del Centro Studi Enti Locali sui numeri della Ragioneria dello Stato, riferiti all'anno 2021. Che sottolinea appunto come nel mondo della pubblica amministrazione italiana le donne rappresentino il grosso della forza lavoro (1,9 milioni contro 1,3), con il 56 per cento di dipendenti donna. E se, in generale, solo uno su tre degli oltre 490mila dipendenti degli enti locali italiani è andato oltre il diploma, nel caso delle donne la percentuale di laureate sale al 37 per cento contro il 27 dei colleghi uomini. Eppure, i ruoli di maggior peso nel 59 per cento dei casi sono affidati a dipendenti di sesso maschile.
E l'Umbria non fa assolutamente eccezione, nonostante i dati incoraggianti, per esempio, dell'ultimo rapporto “Analisi di genere” stilato dall'Anvur, che solo poche settimane fa ha assegnato a Perugia e ai suoi due atenei un primato: sia l'Università degli studi che la Stranieri hanno ottenuto valori superiori alla media nazionale sull'equità di genere per i docenti e i ricercatori universitari. In base ai dati forniti dall'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca, infatti, Perugia ha segnato punti importanti per superare il cosiddetto gender gap e dimostra di seguire politiche a favore dell'equità tra uomini e donne al lavoro. Per dire, l'UniPg ha 982 docenti incardinati tra ricercatori associati e ordinari, dei quali 584 uomini e 398 donne: con il 41 per cento di presenza femminile palazzo Murena ha superato del 3 per cento la media nazionale, ferma al 38. Un dato vicino a quello sugli enti locali che ha fatto ragionare anche il rettore Maurizio Oliviero: se è vero che le laureate sono in numero superiore ma i ruoli apicali restano in maggioranza al maschile, «significa che c'è un momento nel percorso lavorativo e della carriera in cui tutta questa preparazione si perde». «È per questo che ci stiamo impegnando – ha spiegato al Messaggero – in progetti di conciliazione dei tempi di vita lavoro e studio e in quello, molto ambizioso, di creare un supporto per maternità e paternità al lavoro in ateneo. Per lavorare a un vero welfare sociale».
I numeri del Centro Studi, tra l'altro, sono anche più ottimistici rispetto all'ultima analisi del Forum Pa che nel 2023 ha fissato addirittura al solo 33,8 per cento il dato dei ruoli apicali delle donne nella pubblica amministrazione, appena una su tre: «Considerando che tra il personale direttivo e di alta dirigenza nella Pa la presenza femminile è cresciuta negli ultimi dieci anni di 9 punti percentuali (da circa il 20% del 2010 al 29% nel 2020), se anche i ruoli apicali crescessero con questa velocità la parità di genere si raggiungerebbe solo nel 2040».
Una situazione, comunque, che - al di là del minor spazio sulle scrivanie più alte - si riverbera anche sugli stipendi.

Secondo l'elaborazione dell'Agenzia Umbria ricerche – ma qui nel comparto privato, dalle operaie alle dirigenti e riferito al 2022 - «le donne umbre guadagnano meno degli uomini umbri, ma anche meno delle donne italiane». Con - rispettivamente - un meno 8,6 e 14,4 per cento di cui non andare fieri. Insieme all'ultimo dato relativo alle manager: l'Umbria è penultima in Italia (davanti al solo Friuli) con un modestissimo 13 per cento di donne a capo di uffici e aziende.

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