L'allarme bomba, la città bloccata, chi resta chiuso e chi offre la colazione: Perugia reagisce alla paura

Il centro chiuso per l'allarme bomba a Perugia
di Egle Priolo
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Mercoledì 8 Novembre 2023, 07:21

PERUGIA - Diciannove secondi. Diciannove secondi per fare paura. «Abbiamo messo una bomba in Corte d'appello. Siamo un'organizzazione a favore dei fratelli palestinesi di Hamas. Ed è un segnale per l'Europa che sostiene i diavoli israeliani». Così, ieri mattina, tra le 8.15 e le 8.22, dopo le telefonate alla portineria della Corte e poi al comando dei vigili urbani, il centro di Perugia si è fermato. Bloccato da un allarme bomba, per fortuna inesistente, ma fino alle 11.44 il cuore della città è stato paralizzato, chiuso, transennato. I dipendenti e i magistrati già arrivati negli uffici di palazzo del Capitano del popolo sono stati fatti uscire, tra gli avvisi della sorveglianza, il passaparola acuto nei corridoi, quella scarica elettrica lungo la schiena che sei sicuro sia un brutto scherzo ma non si sa mai. Evacuato anche il palazzo di Poste e tribunale civile per sicurezza, mentre subito arrivano gli uomini del Nucleo artificieri e antisabotaggio dei carabinieri: saranno loro insieme alla polizia a controllare tutti i cinque piani del palazzo, tra aule d'udienza, Ordine degli avvocati e tanti uffici e stanze in cui sarebbe stato possibile nascondere un ordigno.

E mentre il palazzo brulica di forze dell'ordine, ordinati e determinati a non lasciare nessun angolo inesplorato, fuori c'è un cordone intorno a piazza Matteotti che sembra un film che non parte. Serrande abbassate, luci spente, la piazza vuota e la giostra ancora addormentata nella sua coperta di plastica. C'è un agente della polizia locale in fondo a via Baglioni: blocca l'accesso delle auto all'altezza di piazza Italia. Chiusi con un nastro anche gli accessi da via Mazzini e via Fani, anche se stranamente resta aperta via Danzetta e chi non è patito di ultim'ore da via Marzia, via Oberdan e dal Pincetto arriva su questa scena da film senza problemi. Il minimetrò fa capolinea per un giorno alla Cupa, ma scale mobili e ascensori della Kennedy funzionano come sempre, barlume di normalità in una giornata iniziata complicata. Dalla blindatura del centro magari escono i commercianti del Mercato coperto - chiusi dietro un cancello nelle loro botteghe dall'ottimistica solerzia di un agente, bloccati per ore invece che fatti defluire lungo corso Vannucci - ma un allarme bomba con quella rivendicazione non arriva mica tutti i giorni.
Dietro i nastri biancorossi c'è curiosità, anziani smarriti che ricorrono alla memoria della gioventù per trovare strade alternative per andare verso le loro inevitabili mete, c'è chi nei locali accende i fornelli per salvare almeno gli affari del pranzo e chi offre la colazione con lo sconto per non buttare tutti i cornetti che alle 8 erano belli freschi.

La paura è altalenante, sale magari solo con il passare delle ore quando si capisce che la presenza di carabinieri, polizia, guardia di finanza e polizia locale significa che l'allarme non si è preso sottogamba, anzi. È il procuratore generale Sergio Sottani, prima di mezzogiorno, che dà il via libera a rientrare: il palazzo è pulito. E levata l'ipotesi bomba per davvero, restano il mitomane e chi vuole «creare allarmismo preordinato» a dar da pensare agli investigatori della Digos a cui la procura di Raffaele Cantone ha delegato le indagini. «Dall'attentato di ottobre – spiega Sottani – ho fatto rafforzare in tutti i palazzi di giustizia dell'Umbria i sistemi di controllo all'ingresso. Alle prefetture di Perugia e Terni ho detto che gli uffici giudiziari sono obiettivi sensibili». Per dire che il livello di allerta è alto. Le indagini diranno se deve esserlo anche quello della preoccupazione, se non altro davanti a chi vuole certamente creare panico.

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