Perugia, per gli insulti a Neurologia la Procura chiede le carte e ora gli specializzandi si spaccano

Perugia, per gli insulti a Neurologia la Procura chiede le carte e ora gli specializzandi si spaccano
di Egle Priolo
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Martedì 1 Novembre 2022, 08:04 - Ultimo aggiornamento: 21:40

PERUGIA - Nel silenzio dovuto non tanto a un'inchiesta che inizia, quanto alle troppe voci già sentite, la procura fa i primi passi nel caso della direttrice della Scuola di Neurologia di Perugia Lucilla Parnetti finita nella bufera per gli insulti agli specializzandi. E lo fa delegando la polizia giudiziaria all'acquisizione di tutti quei documenti utili a capire cosa ci sia di concreto e di penalmente rilevante nella denuncia dell'Associazione liberi specializzandi. Oltre ai 7 minuti e 35 di audio, su venti ore di registrazione, che l'Als ha reso pubblici e in cui si sente la professoressa Parnetti apostrofare gli specializzandi anche in maniera volgare, infatti, nell'esposto inviato poche ore prima della pubblicazione, nelle successive dichiarazioni dei responsabili, come nel “diario” fatto trapelare in completo anonimato, si parla di orari eccessivi e di accessi al pronto soccorso dopo le sfuriate.

«Siete mediocri, mediocri. Venite qui a fare finta, vi mettete il camice e a fare i camerieri», «Te deficiente mi hai offeso personalmente e su questa cosa ne avrai segno all'esame», «Ieri mi hai fatto imbestialire, sono uscita per non menarti». E ancora, quel «Ci sarebbe stato da sparargli» riferito a uno specializzando o «Vieni a pulire i pavimenti? I vetri? Che vieni a fare. Prendi uno straccio e pulisci la corsia così sai quello che hai fatto», «Vi faccio ripetere l'anno, siete quattro deficienti». Queste alcune delle frasi sotto accusa, insieme agli insulti come «oca» e «grassone» e a quelle timbrature che avrebbero fatto – secondo le denunce – totalizzare 340 ore in corsia in un mese, ben più di 10 al giorno, festivi compresi. Insieme agli «accessi al pronto soccorso degli specializzandi della Neurologia, comunque insufficienti a quantificare le crisi di pianto, gli attacchi di panico, il malessere costante che derivano dal trovarsi in un ambiente volutamente tossico e malsano». È allora plausibile ipotizzare che la procura vada alla ricerca di cartelle cliniche, registrazioni degli accessi al pronto soccorso come in reparto, per avere un quadro preciso, al di là delle rimostranze dei giovani medici, anche per ipotizzare e dare sostanza a un'eventuale contestazione.
Ma la vicenda della Scuola di Neurologia, una delle eccellenze unanimemente riconosciute del Dipartimento di Medicina e chirurgia, viaggia anche su un altro canale. Quello disciplinare e tutto interno all'ospedale. Se l'Als ha chiesto senza mezzi termini la sospensione della professoressa, accertamenti «tempestivamente attivati» e «volti alla verifica puntuale dei fatti contestati, per quanto di rispettiva competenza», erano stati immediatamente annunciati venerdì scorso dal direttore di dipartimento Vincenzo Nicola Talesa e dal dg del Santa Maria della misericordia Giuseppe De Filippis. E infatti domani è già prevista la convocazione degli specializzandi: «Ci auguriamo che le sopramenzionate istituzioni si presenteranno all'incontro – ha scritto l'Als sui sui profili social -, dopo averli acquisiti dagli uffici preposti, con tutti i tabulati delle timbrature e con tutte le Sdo di Pronto Soccorso avendo come nominativi gli specializzandi della scuola» e che «trasmettano, ad integrazione delle registrazioni audio da noi già inviate, la documentazione acquisita alla procura della Repubblica e all'Ispettorato del lavoro e soprattutto esprimano pubblicamente solidarietà agli specializzandi».
Ma non solo.

Perché in realtà davanti a quella che è stata definita «un'esecuzione» della direttrice, dai modi certamente da stigmatizzare ma riconosciuta come professionista - medico, insegnante e ricercatrice - dai risultati eccezionali (basti richiamare il suo inserimento tra i Top italian scientists o le quasi 600 pubblicazioni e le oltre 18mila citazioni riportate da Research gate), gli specializzandi – a quanto risulta al Messaggero – si sarebbero spaccati. I giovani medici dei primi due anni pronti alla rivolta, contro i più grandi di terzo e quarto anno che non avrebbero per nulla apprezzato modalità e furia dell'attacco. Il finale, adesso, lo scriveranno procura, ospedale e ateneo.

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