Da Roma e Firenze fino ad Orvieto
in bici, in nome del rispetto in strada

Da Roma e Firenze fino ad Orvieto in bici, in nome del rispetto in strada
di Ruggero Campi
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Mercoledì 7 Giugno 2017, 16:30 - Ultimo aggiornamento: 16:32
Automobile Club d’Italia e 24 sedi provinciali hanno dato il patrocinio ad una manifestazione dal nome molto significativo di “Rispettiamoci” che si svolgerà il prossimo11 giugno e sarà volta a promuovere la sicurezza in auto, bici e moto. I partecipanti partiranno in bicicletta da Roma e da Firenze per incontrarsi nella nostra regione a Orvieto. Mi è piaciuto il leitmotiv di questo evento: nessuna protesta “contro” e nessun clamore, ma l’invito forte e chiaro al rispetto reciproco tra utenti della strada, specie nei confronti dei più deboli. Perché il rispetto reciproco è la base della sicurezza stradale, come cerco di ripetere ad ogni incontro pubblico, soprattutto in quelli nelle scuole: vanno rispettati i pedoni specie quelli più incerti o anziani, vanno rispettati i camionisti che sono in strada giorno e notte per lavoro alla guida di un mezzo poco maneggevole, con tempi stretti da rispettare, vanno rispettati i motociclisti che viaggiano su due ruote e non sono protetti da una robusta carrozzeria e vanno rispettati i ciclisti, tenendo presente le peculiarità del loro mezzo. Il tema è d’attualità, con la recente proposta di legge sulla distanza minima da rispettare durante il sorpasso e dopo i molti tragici eventi dei quali ci siamo occupati anche dalle colonne di Autofocus. Quello che mi è parsa sconcertante dopo la proposta di modifica legislativa è la reazione sarcastica di coloro che – a fronte dell’evidenza di un problema, ovvero l’impressionante numero di morti e feriti degli utenti a due ruote e della ricerca di una possibile soluzione – hanno inanellato ironie degne di miglior causa sulla impossibilità di controllare la distanza tra auto e bicicletta e riproposto il ritornello che sono i ciclisti ad “andarsela a cercare”. Cerchiamo di essere chiari. L’art. 148 del Codice della Strada già contiene una serie di prescrizioni molto precise e soprattutto impone di superare l’altro veicolo (e una bicicletta è un veicolo) “tenendosi da questo ad una adeguata distanza laterale”. Adeguata distanza vuol dire non creare problemi o pericoli al veicolo sorpassato. Adeguata distanza vuol dire non sfiorare l’instabile bicicletta, e non tagliarle la strada appena completato il sorpasso. Adeguata distanza vuol dire non stringere il ciclista sul bordo destro se il fondo della strada è ai lati pieno di buchi, detriti, ghiaia, irregolarità o radici affioranti. E’ già tutto scritto nel Codice della Strada allora? Forse, ma il problema resta e il numero di vittime e di incidenti è tale che non si può continuare a far finta di niente. In vari paesi europei tra i quali la Francia, il Belgio e recentemente anche al di là dell’oceano il Canada, è stabilita per legge la regola generale che per effettuare un sorpasso bisogna spostarsi in maniera sufficiente per non rischiare di urtare il veicolo che si sorpassa e che nei centri abitati la distanza laterale non deve essere inferiore a un metro, e fuori città a un metro e mezzo. Il Canada in verità distingue tra velocità fino a 50 km/h che impone la distanza di un metro, e superiore ai 50 km/h che la fissa a un metro e mezzo, ma il concetto è lo stesso. Nella pragmatica Svizzera, i Tribunali Federali già dagli anni 50 hanno indicato la distanza minima da rispettare nel sorpasso delle biciclette, distinguendola a seconda della velocità. Da noi solo nel 2017 si comincia a parlare di distanza, e subito si levano cori irrisori: “la polizia deve andare in giro con il metro?” A prescindere dal fatto che la Polizia può valutare la pericolosità della velocità come quantificare a che distanza si è superato un ciclista, il problema non è se la Polizia abbia un metro a bordo ma che la Polizia sia presente e svolga attività di prevenzione finalizzata (anche) alla sicurezza degli utenti a due ruote. Misure del genere andrebbero accompagnate da massicce campagne informative e dalla sensibilizzazione delle autoscuole. A forza di ripeterlo (e elevando un po’ di contravvenzioni) anche il comportamento degli automobilisti muterebbe, se non altro perché si farebbe luce sulla pericolosità di certe condotte di guida. Chi è comodamente seduto nel suo abitacolo molte volte non immagina nemmeno quali siano i problemi dell’utente a due ruote su una strada, spesso dissestata, dove ogni buca costituisce un’insidia molto seria che lo costringe a cercare una traiettoria diversa. Ben vengano dunque queste manifestazioni e soprattutto smettiamo di far finta di niente fino al prossimo grave incidente. Nel frattempo, scortato dalle auto messe a disposizione dall’ACI e condotte dagli istruttori di Guida Sicura di ACI Vallelunga, con la mia fedele Pinarello mi godrò questa bellissima pedalata da Roma a Orvieto, sicuro che almeno per questa volta non dovrò temere ogni automobile che mi sopraggiunge alle spalle.
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