Dottor Mencacci, il vaccino potrebbe facilitare, quindi, il lavoro dei medici per intervenire con più efficacia?
«Partiamo da un principio consolidato: la grossa sacca dell’influenza è rappresentata dai bambini piccoli, quindi se conteniamo il virus influenzale in questi soggetti dovremmo avere risultati a cascata anche per gli adulti. Una co-infezione da Covid e da classica influenza dà forme più severe di malattia e, comunque, l’influenza è una malattia che è di per sé debilitante e quindi darebbe buon terreno all’infezione da Covid».
Comunque, alla fine, è sempre il risultato di un tampone a fare chiarezza.
«A questo proposito, come pediatri avremmo la necessità di chiedere il più possibile di fare i tamponi ai bambini per una questione sia di sicurezza, per visitare loro con più tranquillità, sia da un punto di vista epidemiologico, per evitare il più possibile quelle “forme grigie” di febbri che aumenteranno con il progredire della stagione fredda. In più, stiamo tentando di creare percorsi ben delineati “ospedale e territorio” per cercare di appesantire il meno possibile l’afferenza in strutture ospedaliere riguardo agli stati febbrili dubbi. E’ chiaro, il tampone scioglie ogni incertezza: infatti, se per ipotesi, con il rientro a scuola si dovesse richiedere il certificato medico dopo tre giorni di assenza, allora noi pediatri saremmo costretti a chiedere un tampone per avere certezze».
Già, la scuola. Mancano poche settimane dalla prima campanella, tra apprensioni dei genitori e corse contro il tempo per l’avvio regolare dell’anno scolastico. Che consigli darebbe alle famiglie?
«Alla base di tutto c’è la serenità delle famiglie che, comunque, dovranno porre attenzione a situazioni dubbie e al loro evolversi. La socialità è essenziale e non possiamo precluderla ai nostri bambini. Vanno seguite le direttive per la protezione della salute, ma i ragazzi devono tornare in classe, è fondamentale per la loro crescita. Dal canto nostro ci stiamo muovendo a tutti i livelli tra Regione e strutture sanitarie per far avvenire tutto nel miglior modo possibile, anche se ancora ci sono una serie di perplessità. Quello che è certo è che la medicina del territorio, medici e pediatri di famiglia, sono il punto di primo contatto, e di conseguenza lo strumento per il servizio sanitario nazionale, per attuare una sorveglianza epidemiologica costante in grado di capire la situazione in tempo reale».
© RIPRODUZIONE RISERVATA