Corso Cavour 99/Quanto
ha vinto Antonino?

Alessandro Campi
di Alessandro Campi
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Martedì 27 Giugno 2017, 14:10
PERUGIA - Siamo ancora qui a parlare di feudi rossi, di roccaforti bianche o di enclave nere, senza esserci accorti che le rendite di posizioni politiche non esistono più. Vige ormai l’alternanza al potere, con gli elettori che cambiano il loro voto secondo umori, simpatie (o antipatie) e convenienze.
 
​E che votano, per di più, in modo sincopato e intermittente: oggi mi astengo alle amministrative, domani faccio il mio dovere alle politiche, oggi voto il partito giallo, domani quello amaranto, senza che una scelta condizioni l’altra.
Per farla breve, il centrodestra sembra aver vinto in quel di Todi (e quel sembra fra un po’ lo spiegheremo). Anzi, ha rivinto in senso doppio, visto che quello di Antonino Ruggiano è un ritorno (fu primo cittadino dal 2017 al 2012). Appunto, l’alternanza, fisiologica e salutare. Sennonché Todi è pur sempre la città della governatrice Catiuscia Marini (essendone stata anche la sindaca). E dunque ci si chiede come l’abbia presa personalmente (certamente male) e, soprattutto, che segnali per lei e la sua maggioranza ne possano venire in vista delle future regionali.

Segnali ipoteticamente brutti se, come dicono i maligni, a giubilare per il risultato tuderte siano stati anche alcuni maggiorenti locali del Pd d’orientamento, per così dire, anti-mariniano: se fosse vero (e lo è) questo si chiama autolesionismo, che in politica è un peccato grave, oltre a un sicuro sintomo di stupidità.
Ciò detto, ogni estrapolazione da una consultazione all’altra, specie se troppo meccanica, è arbitraria e prematura. Il centrodestra si è preso Perugia (ma povero sindaco a guardare la maggioranza che gli tocca quotidianamente domare), ma ha perso Assisi.

Appunto, l’alternanza, che non può valere come ipoteca per il futuro, essendo ogni elezione ormai divenuta una partita a sé. Se fai bene, ti rivoto, sennò ti mando a casa: l’elettore frustrato e incattivito, o forse soltanto libero, oggi ragiona così. Quelli che ancora si orientano secondo lealtà, appartenenza e ordine di scuderia sono ormai una minoranza, persino patetica. Semmai contano gli intrecci, le filiere e le clientele: e su questo versante non c’è dubbio che a sinistra, anche per più antica consuetudine con i meccanismi del governo locale, siano più bravi nel costruire reti sociali, culturali e di interessi. Mentre nel centrodestra c’è una più spiccata tendenza all’individualismo e all’improvvisazione. Contano poi le contingenze, che nessuno può controllare o anticipare.
Guardiamo appena fuori l’Umbria, a Fabriano, divenuta un deserto industriale in pochi anni e dunque un terreno fertile per la predicazione arrabbiata dei grillini, che infatti hanno vinto. Questo per dire che come andranno le regionali non dipende dal risultato di Todi, ma da chi saranno i candidati in lizza nel 2020, da come andrà l’economia, da chi avrà vinto nel frattempo le politiche, dal bilancio finale che la Marini potrà presentare, ecc. Tutti fattori al momento imponderabili o poco chiari.

Ruggiano ha vinto, forse. Nel senso che tra lui e l’uscente Carlo Rossini passano poco meno di trenta voti di differenza. Si parla di riconteggi (in realtà subito rifatti, senza esito) e di possibili ricorsi, che per esperienza e buon senso difficilmente potranno cambiare le cose. Se il primo dato ufficiale è dunque anche quello finale si può dire dell’Umbria quel che si sta dicendo dell’Italia dopo il voto: le divisioni politiche e le polemiche personali fanno male alla sinistra (che stavolta ha dovuto scontare anch’essa il fenomeno di un massiccio astensionismo), l’unione e la messa in disparte dei punti di differenza fanno invece bene al centrodestra, che torna competitivo dopo essere stato dato per spacciato con troppo anticipo.

Nel caso di Todi, l’unione a destra è stata però di un tipo particolare, nel senso che Ruggiano, disattendendo i consigli dei suoi alleati moderati, ha ufficialmente imbarcato Casa Pound. Utilitaristicamente e tatticamente, ha avuto ragione lui. Nel suo caso la destra radicale ha fatto la differenza. Resta ora da capire come Casa Pound inciderà sulle politiche del Comune, dove gli unici stranieri con cui prendersela solo i milionari radical-chic, romani e anglofoni, che nelle campagne tuderti hanno fatto incetta di casali e ville.

Quella per le case al popolo è una storica e persino apprezzabile battaglia di Casa Pound, che dunque potrebbe pretendere la requisizione delle antiche dimore contadine, finite delle mani dei ricchi, per restituirle agli indigeni tuderti che a suo tempo se le sono vendute ai migliori offerenti. Sarebbe divertente, questa forma di revisionismo urbanistico-residenziale, ma sto’ ovviamente a scherza’.
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