Bonus Perugina, i sindacati: «Regione aiuti gli operai». Il Pd interroga la Marini, Lega: il caso in Parlamento

Bonus Perugina, i sindacati: «Regione aiuti gli operai». Il Pd interroga la Marini, Lega: il caso in Parlamento
di Federico Fabrizi
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Venerdì 30 Marzo 2018, 18:33 - Ultimo aggiornamento: 18:35
PERUGIA - Da una parte i dubbi, le speranze e un assegno da 60mila euro, dall’altra le regole, gli ingranaggi - alcuni nuovi e altri meno - di un meccanismo «che ora bisognerà vedere se funziona». È l’istantanea della vertenza  Perugina, per molti aspetti un caso di scuola. Ecco il punto: 60mila euro (lordi) moltiplicati per 120 - forse per 200 - operai che accettano un assegno a quattro zeri in cambio della firma in calce alla lettera di dimissioni, diventano una cifra enorme: almeno 6 milioni di euro. Denari da spendere «per trovare un altro impiego». Questo, almeno, dovrebbe essere l’obiettivo. «Ma non è affatto facile... 47mila euro netti non sono tanti se hai poco più di quarant’anni e sei senza lavoro», racconta chi in questi giorni è alle prese con una decisione che cambierà la propria vita. Dai sindacati e dalla politica ora è pressing sulla Regione. «Questo è il banco di prova per i “modernizzatori” - attacca il segretario regionale della Cgil Vincenzo Sgalla - perché la teoria è una cosa e la pratica un’altra. La vicenda Ast, come quella Perugina, sono il frutto di norme cosiddette “moderne” che noi non abbiamo mai condiviso, ma ora è evidente che in questa fase della crisi di Perugina le politiche attive del lavoro devono fare la loro parte, altrimenti sarebbe come aver calato un modello svedese in una realtà ugandese, con tutto il rispetto per l’Uganda. Quanti dei 400 dipendenti usciti da Ast hanno incrociato le politiche attive del lavoro? E quanti dei 200 di Perugina li incroceranno? E almeno in questi casi abbiamo avuto la possibilità di trovare un campo sul quale giocare la partita. La Regione faccia la propria parte. Aggiungo che anche per Confindustria sarebbe il momento di passare dalla teoria alla pratica». «È assolutamente auspicabile il massimo impegno della Regione per aiutare tutti gli addetti che escono da Perugina a trovare dei ricollocamenti - rimarca Claudio Bendini (Uil) - in particolare: si dia attuazione all’agenzia regionale per il lavoro, per rendere effettivamente applicabili le politiche attive». Il deputato della Lega Riccardo Marchetti ha pronta un’interrogazione parlamentare: «I centri per l’impiego si mettano a disposizione per un corretto percorso di consulenza ed investimento - attacca - le scelte lassiste dei governi di sinistra, sia regionale che nazionale, non hanno prodotto buoni risultati. Dopo essere stati complici di un simile dissesto occupazione e non aver saputo incidere sulla crisi dello stabilimento di San Sisto, per la Giunta Marini è arrivato il momento di rimboccarsi le maniche e prendersi cura del futuro di circa 200 “ormai ex” dipendenti, la Regione deve applicare la nuova organizzazione dei centri per l’impiego, che era stata annunciata addirittura nel 2016». Si muove il Pd in consiglio regionale: «Ferma restando la libertà di ognuno di disporre delle proprie risorse - spiega Giacomo Leonelli - la Regione deve svolgere un ruolo da protagonista rispetto agli scenari possibili per gli oltre cento dipendenti ex Perugina-Nestle che a seguito delle dimissioni hanno ricevuto l’assegno dall’azienda, presenterò un’interrogazione alla Giunta per conoscere quali azioni si intendano attivare per avviare un’interlocuzione con quanti tra questi lavoratori desiderino intraprendere un percorso teso a ipotesi di imprenditorialità “collettiva”, anche alla luce degli strumenti legislativi più recenti, che potrebbero rappresentare un’opportunità per l’occupazione e anhce per il territorio». Insomma, non c’è tempo da perdere. Nei prossimi giorni i sindacati attendono una telefonata da Palazzo Donini. Almeno ci sperano.
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