C’erano quelle che si aprivano tutte, tettuccio, cofano, portabagagli, portiere, con tanti dettagli degli interni e del motore, così come quelle che avevano i vetri di migliore qualità. Alcune avevano le ruote sterzanti, bisognava premere su un lato della parte anteriore, altre addirittura i cristalli che si abbassavano e i sedili reclinabili. Le prendevi in mano e sentivi subito il bel peso del metallo. Il sogno generale era l’Aston Martin di James Bond con tanto di canne di mitra nel paraurti e targhe girevoli. Evito di parlare di quelle in scatola di montaggio perché l’arte del costruire pazientemente non l’ho mai posseduta e la fretta del brum brum prevaleva sul lento piacere del pezzo dopo pezzo, da assemblare con la colla! Non conosco studi in proposito, ma probabilmente quella passione fanciullesca si è naturalmente trasformata nella attrazione fatale per l’oggetto “automobile”, e nel sogno di guidare prima possibile, avere subito il foglio rosa e essere da soli al volante allo scadere del diciottesimo anno di età. Oggi capita spesso di sentire che ragazzi a 18 anni non hanno ancora la patente o, pur avendola, vivono l’automobile solo come mezzo per muoversi, senza ansia di possesso e senza dare spazio alle emozioni. Secondo me hanno giocato troppo con il virtuale! E poi le pubblicità fanno la loro parte, proponendoti l’automobile desiderabile perché sempre connessa e in grado di fare tutto, compreso ciò che consentiva di sentirsi un automobilista provetto. Nel famoso telefilm Supercar, la Pontiac dell’ex poliziotto sapeva “guidarsi” da sola e togliere il suo proprietario dai guai. Oggi la fantascienza è pura realtà. Sali in automobile e connettività, sensori e computer di bordo sovrastano la ragione, impongono la loro organizzazione, e ti proteggono anche dalla tua imperizia. L’auto ti assiste e ti sostituisce. Ci credo che le giovani generazioni ignorino la meravigliosa musica dell’entrata in coppia e siano interessate solo alla perenne connessione.
medeo, storico giornalaio di Ponte Valleceppi, un giorno mi disse: "Ruggero questo ti piace", mostrandomi un involucro giallo che immediatamente riconobbi. Così, settimana dopo settimana, mi sono ricomprato tanti modelli di automobiline che in parte avevo avuto e poi disperso chissà dove. Pensandoci bene, quella di Amedeo non è stata una induzione alla tentazione ma alla passione che, per quelli che come noi facevano il verso del motore, è dura a morire. Brum brum, sempre.
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