Autofocus/Il record
mai battuto in meccanica

Ruggero Campi
di Ruggero Campi
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Giovedì 11 Febbraio 2016, 22:20 - Ultimo aggiornamento: 22:24
“Terni 1930. 
Mi pregio d’informarVi che, avendo definitivamente perfezionato il mio noto sistema di Saldatura Autogena, ho messo la mia Officina in grado di riparare Testate per Autotreni rimettendole completamente a novo in giornata, evitando ai Camionisti le prolungate soste per guasto al motore.
Sotto gli auspici delle importanti Ditte O.M. e LANCIA, che mi onorano della loro costante preferenza, sono certo che, al bisogno, vorrete riservarmi i V/ graditi ordini. Distinti saluti.”
Questo testo fu stampato sul retro di una cartolina illustrata da Ercole Rossini, geniale titolare della omonima ditta di Terni, che aveva sede (non esiste più da tempo) nella centrale via Aulo Pompeo. Siamo nella prima metà del trenta, in una piccola città di provincia qual era ai tempi Terni, situata però sulla direttiva per Roma: Rossini è in grado di offrire un servizio straordinario, che farebbe gola agli automobilisti dei giorni nostri, la riparazione della testata in 24 ore al massimo!
I Camionisti (notare la rispettosa maiuscola) avrebbero potuto evitare lunghe e dispendiose soste con i loro mezzi e magari il loro carico, e tornarne in possesso in meno di un giorno.
Non è dato sapere se il celere servizio per un intervento delicato come quello sulla testata fosse un’esclusiva della maestria dell’artigianato ternano, ma è certo che anche l’approccio commerciale del Sig. Ercole era straordinariamente moderno, in un’epoca in cui l’ACI esisteva da poco e la pubblicità e i suoi derivati erano ancora agli albori. La cartolina raggiungeva i destinatari selezionati, il messaggio era sintetico ed efficace e l’offerta proposta molto competitiva. Rossini era poi semplicemente - si fa per dire - il titolare di una piccola officina, non di una grande industria. Ma se questo servizio all’avanguardia poteva essere assicurato, si doveva a una buona équipe di Operai e soprattutto al saldatore migliore delle officine Rossini, quello specializzato che operava direttamente sulle testate danneggiate: Agostino Papi. Certo, non è una persona conosciuta ed è proprio per questo che vorrei parlare di lui oggi in questo Autofocus, perché non si perda del tutto il ricordo di artigiani straordinari della nostra regione.
Pensate, ogni giorno arrivava a Terni dalla natìa Sangemini in treno o in bicicletta sempre rigorosamente in giacca, prima di indossare la tuta di lavoro. Una trentina di km al giorno, spesso al buio, con un mezzo non proprio performante secondo i nostri criteri di moderni viziati ciclisti, e con davanti (o alle spalle) una giornata molto faticosa. Il suo era un lavoro durissimo di grande perizia e precisione, un lavoro che non ammetteva errori, dati i tempi strettissimi per la riconsegna dei mezzi. La ghisa - ricordo - è una lega ferro-carbonio con alta percentuale di carbonio e proprio per questo è un materiale estremamente fragile, sensibile agli urti e alle sollecitazioni. Veniva largamente usato fino a non molti anni fa nel campo motoristico, per la costruzione dei motori, monoblocco e testate. La vulnerabilità era costituita dal formarsi di fessure sulle testate, che era possibile riparare grazie a tecniche di saldatura particolari, affidate alle mani esperte di saldatori specializzati. La lavorazione era complessa: dopo aver preparato e scavato la fessura, fino a raggiungere la parte sana del blocco, bisognava preriscaldarlo fino ad una temperatura di 450°-650°C. La terza fase era quella della vera e propria saldatura con metodo autogeno, cioè con speciali cannelli bruciatori a gas per fondere e depositare nella fessura fino al riempimento, il materiale di apporto. Qui la manualità e professionalità del saldatore giocavano un ruolo fondamentale per la riuscita della riparazione. L’ultima, forse la più importante, era quella del raffreddamento di tutto il blocco e veniva eseguita ricoprendo il pezzo saldato di cenere per assicurarne un lento e graduale raffreddamento, onde evitare così il formarsi di tensioni nella zona saldata.
La riconsegna dei mezzi nelle 24 ore imponeva ritmi durissimi, in condizioni terribili perché si doveva operare con i pezzi “a caldo”, pur dovendo mantenere la calma e avere la mano ferma.
Non c’era possibilità di errore. La settimana lavorativa di 40 ore era di là da venire: non era infrequente saltare il pranzo che era stato preparato alle 4 di mattina da sua madre e poi trasportato in un’apposita valigetta di cartone pressato con gli angoli in ottone.
A quei tempi lo statuto dei lavoratori ovviamente non esisteva.
La disciplina, il rispetto dei superiori e l’orario non erano esattamente “elastici”. C’era però molta considerazione nei confronti degli operai anziani ed esperti e il “padrone” sapeva riconoscere il valore delle persone, cosa non da poco. Esisteva anche un forte orgoglio del mestiere e la consapevolezza di capacità tecniche fuori dal comune: nel 1937, a 24 anni, Agostino vinse i prelittoriali del lavoro a Terni nella categoria saldatori autogenisti e si guadagnò il diritto di partecipare ai littoriali del lavoro nazionali dello stesso anno a Roma.
La straordinaria perizia tecnica e l’abilità manuale erano un dono di famiglia, se si pensa che il fratello Aldo, uno dei tornitori più ricercati di Terni, riuscì a tornire la corona di un orologio Longines con il tornio grande. Roba da fantascienza.
Quella professionalità non è stata tramandata, ma non per questo bisogna biasimare gli eredi del pragmatico Agostino. Anzi nel raccontare le imprese del loro avo, traspare un entusiasmo veramente piacevole e la dovizia dei particolari conferma che del passato non hanno solo il ricordo ma l’orgoglio di rappresentarlo e di essere con esso un tutt’uno.
Difficile rappresentare con le parole le sensazioni che ho provato parlando con gli Eredi dell’Operaio Papi; sensazioni che si sono trasformate in forti emozioni quando, nel ringraziare il figlio, non ho potuto fare a meno di stringergli la mano e fargli i complimenti per il papà. “Grazie”, mi ha risposto, “in famiglia ne siamo tutti orgogliosi e, ogni volta che guardiamo la valigetta con gli angoli di ottone, ci rendiamo conto dei valori che inconsapevolmente ci ha trasmesso”.
L’ho corretto dicendo: ti sarà sembrato…ma lui era perfettamente consapevole!
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