In Umbria sono ferme sette imprese su 10

In Umbria sono ferme sette imprese su 10
di Federico Fabrizi
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Martedì 24 Marzo 2020, 16:46
PERUGIA «Si sta fermando il settanta per cento dell’economia umbra, ma è ancora troppo poco, basta fare i furbi», la mette giù così il segretario regionale della Cgil Vincenzo Sgalla. Il motore dell’economia umbra è vicino al fermo macchine: è stop dalla metalmeccanica al tessile, resta al lavoro l’agroalimentare e l’aerospazio di Foligno, ma con tutte le cautele del caso. Azienda per azienda, le Rsu e i datori di lavoro stanno firmando accordi per stabilire lo stop o le modalità “di sicurezza” per poter proseguire.
La brusca frenata del sistema produttivo, imposta dal decreto del Presidente del Consiglio approvato domenica, arriva in contemporanea con il via libera alla cassa integrazione. Il meccanismo da “economia di guerra” prevedeva, infatti, che ogni Regione siglasse un’intesa con le parti sociali. L’ok è arrivato ieri mattina, al termine di una videoconferenza a cui ha preso parte l’assessore regionale allo sviluppo economico Michele Fioroni, i sindacati e i rappresentati delle associazioni datoriali. Via libera anche in Umbria alla cassa integrazione straordinaria retroattiva, dal 23 febbraio per nove settimane, con la copertura dell’80 per cento dello stipendio. Le aziende più piccole, fino a cinque, dipendenti potranno rivolgersi direttamente all’Inps. Nel pomeriggio un’altra video conferenza: la governatrice Tesei “ha visto” i segretari regionali dei sindacati per fare il punto. Cgil, Cisl e Uil hanno chiesto di «chiudere tutte le attività non essenziali e avviare controlli rigorosi con l’aiuto delle prefetture in tutte le altre».
Restano alcune incertezze nelle regole del “divieto di lavorare” per tutti escluse le attività produttive essenziali. Secondo uno studio condotto dall’osservatorio delle imprese “Acacia Group” di Perugia, in Umbria ben 5286 società di capitali potranno restare aperte, muovendo 52mila addetti. La pattuglia degli “intoccabili” secondo Francesco Pace, fondatore di Acacia Group - contiene 75 grandi aziende. Chiude Ast a Terni e resta aperta la 
Perugina. A San Sisto i sindacati hanno siglato un’intesa per fissare le regole da tenere nello stabilimento. Si tratta ancora per ingressi e uscite scaglionati in modo da poter garantire la distanza di sicurezza negli spogliatoi e negli spazi comuni. Lavora anche il gruppo Mignini e Petrini (mangimi) e la Grifo Agroalimentare: continua regolarmente il ritiro del latte dagli allevatori umbri. Potrà continuare a lavorare anche il polo aerospaziale di Foligno: la Umbragroup rientra nella categoria “dell’industria dell’aero-spazio e della difesa di rilevanza strategica per l’economia nazionale”: per questo tipo di eccezioni, però, occorre l’autorizzazione da parte della Prefettura. Ieri il confronto tra azienda e sindacati: si è deciso di portare avanti solo le produzioni essenziali. Stop alla Isa di Bastia, allo stabilimento Listone Giordano di Torgiano del gruppo Margaritelli e alla Trafomec di Tavernelle. Il settore cartotecnico del tifernate tiene accesi i macchinari solo per gli imballaggi alimentari. Si è fermata anche la meccanica a Città di Castello e il tessile dall’Alta Umbria a Orvieto. Resta aperto lo stabilimento Prada (ex Pupil) di Montone: lì verranno prodotti 80mila camici e 110mila mascherine che il gruppo dell’alta moda fornirà alla Regione Toscana, sono previste consegne giornaliere fino al 6 aprile.  Cambia anche l’attività degli uffici pubblici: sono 700 i dipendenti della Regione in smart work, invece la Provincia di Perugia ha chiuso la sede di Piazza Italia, in cui operavano un centinaio di addetti, e complessivamente ha spostato la metà dei 450 dipendenti al lavoro “da casa”.
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