Loredana Bertè a Sanremo: «Sono una ribelle, follia e libertà fanno parte di me. Non si può piacere a tutti»

La rockstar è in gara con “Pazza”, brano considerato il suo manifesto e osannato dalla critica: «Non si può piacere a tutti»

Loredana Bertè a Sanremo: «Sono una ribelle, follia e libertà fanno parte di me. Non si può piacere a tutti»
di Mattia Marzi
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Giovedì 8 Febbraio 2024, 01:12 - Ultimo aggiornamento: 06:12

Polemiche, gossip, attacchi a volte anche feroci: con la critica ha sempre avuto un rapporto conflittuale, nel corso della sua carriera da rockstar. E spesso a fare da teatro agli scontri è stato proprio il Festival di Sanremo: da quella volta che da regina degli eccessi nel 1986 con Re (scritta da Mango) si presentò sul palco con un pancione finto che fece scalpore a quella volta che nel 2008 fu esclusa dopo le accuse di plagio di Musica e parole. Con Pazza, già considerata il suo manifesto, quest’anno a Sanremo Loredana Bertè è riuscita fare pace anche con la critica, che l’ha messa al primo posto della sua classifica. «Non si può sempre piacere a tutti», sorride lei, fiera e orgogliosa. Tutti pazzi per Loredana Bertè.

“Prima ti dicono pazza e poi ti fanno santa”: quante volte si è sentita emarginata nel corso della sua carriera? 

«È successo tante volte.

La forza per reagire l’ho trovata negli incontri con colleghi che mi hanno dato tanto. A partire da Fabrizio De André, che nel 1997 mi diede la possibilità di utilizzare un verso di una sua canzone, “il pettirosso da combattimento”, per dare il titolo a un mio album. Lo raccontai anche nel mio libro Traslocando: avevo ascoltato La domenica delle Salme e decisi di chiedergli il permesso per utilizzare un suo verso che avrebbe dovuto dare il titolo al disco. Passai da Dori Ghezzi, amica fantastica. Mi disse che, prima, lui avrebbe dovuto sentire le canzoni. Gliele portai. Dopo una settimana, Fabrizio mi chiamò: “Belin, sei tu il pettirosso da combattimento». 

Loredana Bertè in testa alla classifica della prima serata di Sanremo 2024

Quante volte le hanno urlato “pazza”? 

«Tante volte. Ma per me la follia fa rima con libertà e questa canzone è per tutti i folli: un inno alla libertà di essere se stessi. È un brano 100 per cento Bertè, nel testo, nell’arrangiamento e nella melodia. Una canzone elettrica ma struggente, liberatoria, da cantare a braccia ed occhi aperti». 

A chi deve dire grazie? 

«Al mio pubblico che non mi ha mai abbandonato». 

È ancora una per cui la guerra non è mai finita, come cantava nel 1982 in “Non sono una signora”? 

«Sono un’anomala, come mi definì Franco Battiato, ma ribelle. Che per poco già s’incazza, come canto, ironicamente nei primi versi di Pazza».

Perché ha scelto di cantare “Ragazzo mio” di Luigi Tenco nella serata delle cover? 

«Era un mio sogno da sempre, portare questa canzone sul palco dell’Ariston. E finalmente l’ho realizzato. L’arrangiamento è quello che Ivano Fossati firmò nel 1984 per l’album Savoir Faire: dal vivo è una bomba». 

E Venerus, talentuosissimo, come l’ha conosciuto? 

«Me ne ha parlato il mio entourage: mi è sembrato un artista a suo modo geniale». 

A chi dedica questa rinascita? 

«A quelli che ogni giorno lottano per essere se stessi, contro gli stereotipi e le ingiustizie». 

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