Fare il pane dal legno e il carburante dalla paglia, la scoperta di un romano: «Ecco l'enzima che aiuterà il mondo»

Fare il pane dal legno e il carburante dalla paglia, la scoperta di un romano: «Ecco l'enzima che aiuterà il mondo»
di Andrea Andrei
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Lunedì 30 Maggio 2016, 15:19 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 03:37
Ottenere carburante per le auto dalla paglia. Fare lo zucchero con gli scarti del legno che Ikea utilizza per produrre i suoi mobili. Preparare il doppio del pane con un solo raccolto. Sono solo alcune delle cose che si possono fare con un particolare enzima, chiamato Lpmo. Un enzima contenuto in un fungo che ha un potenziale immenso e che è stato scoperto pochi anni fa, ma che finora non si sapeva come attivare per utilizzarlo al massimo della sua efficienza. La soluzione l'ha trovata un giovane italiano, nato a Roma e cresciuto in provincia, fra Monterotondo, Mentana e Tivoli. Si chiama David Cannella, ha 32 anni, ed è ricercatore all'università di Copenaghen.

La ricetta scoperta da David è la fotosintesi inversa, un processo che da qui a qualche anno potrebbe incidere sull'intera economia mondiale. Come funziona è meno facile a dirsi che a farsi: «È l'opposto della fotosintesi clorofilliana, che è quel processo con cui una pianta assorbe l'energia solare e, grazie all'acqua e all'anidride carbonica, la trasforma per crescere spiega il ricercatore Ecco: io ho scoperto che energia solare e ossigeno possono servire anche per il processo inverso, cioè per scomporre la pianta e ottenere così una serie di sostanze fra cui il glucosio, cioè lo zucchero, o l'etanolo, cioè alcol e quindi carburante».Per usare una metafora: è come se l'enzima Lpmo fosse un motore potentissimo che però fino a oggi non si sapeva come mettere in moto. La scoperta è stata che la benzina di cui aveva bisogno era l'energia più pulita in assoluto: la luce solare. «Questo stesso procedimento può essere utilizzato anche in tanti altri modi. Ad esempio in Giappone si sta studiando come scomporre la plastica per smaltirla. Il tutto in modo completamente ecosostenibile». 

LA SFIDA
Ecco perché la scoperta è stata accolta con entusiasmo dalla comunità scientifica: i risultati dello studio sono stati pubblicati ad aprile sulla prestigiosa rivista Nature e David è volato a Baltimora per presentarla, mentre a fine giugno andrà a Madrid.Solo che adesso la sfida è applicare questo procedimento alla produzione industriale: «Per farlo c'è bisogno di fotobioreattori spiega Cannella si tratta di grandi cisterne trasparenti all'interno delle quali inserire gli scarti agricoli, l'acqua ed enzimi in forma liquida». Ma quanto costano questi enzimi? «Attualmente, per un chilo di biomassa (cioè di scarti agricoli, ndr) c'è bisogno dell'1 per cento di enzimi. Ma i costi si ridurranno sempre di più, perché gli enzimi saranno sempre più performanti».Eppure la vera frontiera è un'altra ancora: «Il mio sogno è scoprire come rendere digeribile la cellulosa dice entusiasta David basti pensare che circa metà del grano che viene raccolto va buttato, perché lo stelo non è commestibile. Scomponendo lo stelo con la fotosintesi inversa noi potremmo estrarne la cellulosa, pulirla dalle sostanze nocive per l'organismo e renderla buona da mangiare. Si potrebbe produrre in forma liquida o anche in polvere, come la farina. Potremmo creare del pane di cellulosa, buono e salutare anche più di quello che siamo abituati a mangiare».

E dire che David di pane se ne intende: i genitori gestiscono un forno a Tivoli nel quale lui, per pagarsi l'università, lavorava di notte nei weekend. «Dopo la laurea in Biotecnologie Industriali alla Sapienza ho deciso di fare un'esperienza all'estero. Mi hanno chiamato da Copenaghen e ho accettato subito perché la Danimarca è la Silicon Valley delle rinnovabili. Ma anche perché per andare a fare il colloquio mi hanno pagato viaggio, vitto e alloggio. Qui il welfare esiste davvero».In effetti, se un'idea rivoluzionaria come la fotosintesi inversa è venuta a un italiano, è vero anche che per vedere la luce ha avuto bisogno del sostegno di un Paese che mettesse a disposizione finanziamenti e strumenti tecnologici e umani. «Ho presentato il progetto due anni fa al ministero della Ricerca danese, il Danish Reasearch Council racconta Cannella Chiunque abbia un'idea qui può proporla allo Stato in forma individuale, non importa che età tu abbia o da dove tu provenga. Il ministero ha deciso di finanziarmi e mi ha chiesto dove volessi condurre gli studi. Io ero già a Copenaghen, per cui ho scelto di restare. Anche perché qui avevo un team affidabile, strumenti all'avanguardia e la totale disponibilità da parte dell'università. In Italia probabilmente non sarebbe stato possibile, perché quando c'è mancanza di risorse si tende ad essere poco collaborativi, anche in campo scientifico. Ed è un peccato, perché noi italiani, pur con le nostre possibilità limitate, riusciamo sempre a essere fra i primi dieci Paesi al mondo nel campo della ricerca. Se solo avessimo risorse in più, potremmo fare grandi cose. Per questo vorrei creare un ponte con l'Italia: sono in contatto con la Sapienza di Roma per esportare il mio progetto. Perché alla fine, il mio sogno è tornare a casa. Magari da professore».

andrea.andrei@ilmessaggero.it
Twitter: @andreaandrei_

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