Lanciati nello spazio gli "estremofili" per cercare vita su Marte: nel team c'è l'università di Tor Vergata

Daniela Billi e il team del Laboratorio di Astrobiologia e Biologia Molecolare di Cianobatteri di Tor Vergata
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Martedì 5 Agosto 2014, 16:23 - Ultimo aggiornamento: 7 Agosto, 16:16

La notte del 23 luglio degli estremofili - cio organismi capaci di proliferare in condizioni proibitive per l’uomo - sono stati spediti a bordo del cargo Progress 56 sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS). Sono stati alloggiati nell’EXPOSE-R2, uno speciale contenitore dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA), che il prossimo 21 agosto verrà installato da due astronauti all’esterno della ISS. Da quel momento gli estremofili, ma anche alcune macromolecole, verranno saranno esposti all’ambiente spaziale e marziano, simulato in bassa orbita terrestre, per circa 12-18 mesi.

Si tratta di due progetti internazionali selezionati dall’ESA: BOSS (Biofilm Organisms Surfing Space) e BIOMEX (BIOlogy and Mars EXperiment) coordinati da Petra Rettberg e da Jean-Pierre de Vera dell’agenzia spaziale tedesca DLR. L’Università di Roma Tor Vergata partecipa a entrambi grazie a un finanziamento dell’Agenzia Spaziale Italiana. Il responsabile scientifico è la dottoressa Daniela Billi, leader del Laboratorio di Astrobiologia e Biologia Molecolare di Cianobatteri del Dipartimento di Biologia.

Tra gli estremofili selezionati per questi due esperimenti di astrobiologia ci sono cianobatteri isolati da deserti caldi e freddi, considerati gli analoghi terrestri di Marte, come le Valli secche in Antartide e il cuore iper-arido dell’Atacama in Cile, che l’Ateneo romano studia da anni. Il contributo di questi esperimenti alla ricerca di vita oltre la Terra – spiega Daniela Billi - risiede nel fatto che l’esperimento BOSS testerà l’ipotesi per cui estremofili che formano biofilm (aggregazioni batteriche immerse in materiale extracellulare) sono in grado di contrastare l’ambiente spaziale e marziano simulato rispetto a quelli non formanti biofilm. L’esperimento BIOMEX valuterà invece la sopravvivenza di estremofili e la stabilità di macromolecole (pigmenti, componenti delle membrane cellulari, etc.) in presenza regoliti simulanti il suolo marziano e lunare, per identificare bioimpronte per la ricercare di vita passata o presente su Marte, e per future sperimentazioni da condursi in un luogo più estremo della bassa orbita terrestre come la Luna.

Studi in condizioni simulate - anticipa Daniela Bili - suggeriscono che i cianobatteri desertici, una volta riportati a Terra e reidratati, siano in grado di riaccendere il metabolismo e riparare i danni indotti compresi quelli al DNA. La sfida risiede nel fatto che in bassa orbita terrestre gli estremofili saranno esposti a una combinazione di vuoto, estremi di temperatura, radiazioni cosmiche e solari, impossibile da riprodurre in laboratorio.

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