L'allarme del MIT: «Entro la fine del secolo la sesta estinzione delle specie viventi»

L'allarme del MIT: «Entro la fine del secolo la sesta estinzione delle specie viventi»
di Antonio Bonanata
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Giovedì 21 Settembre 2017, 13:35 - Ultimo aggiornamento: 23 Settembre, 08:47
Un lungo piano inclinato sul quale la Terra sta drammaticamente scivolando verso il 2100, quando avrà inizio la sesta grande estinzione delle specie viventi. L’allarme proviene dal MIT di Boston: alcuni studiosi hanno predetto l’avvio di una catastrofica scomparsa della vita animale e vegetale sul nostro pianeta. La causa? L’eccessivo consumo di carbone, bruciato e disperso nell’atmosfera, a prescindere dai tentativi di conversione messi in atto in molti paesi verso economie più green, attraverso l’uso di energia pulita.

Lo studio, basato su modelli matematici e condotto presso il Lorenz Center del MIT, ha preso in esame le cinque precedenti estinzioni, avvenute negli ultimi 540 milioni di anni. Il professor Daniel Rothman, che co-dirige il Centro, ha ipotizzato che le alterazioni nel ciclo naturale del carbone nell’atmosfera, negli oceani, nella vita di piante e animali abbiano giocato un ruolo determinante nella scomparsa massiccia delle varie forme viventi.

«La storia della Terra è una storia di cambiamenti – ha scritto Rothman sulla rivista Science Advances, presentando lo studio – alcuni sono graduali e benigni, altri (soprattutto quelli associati a catastrofiche estinzioni di massa) sono relativamente repentini e distruttivi. Cosa distingue gli uni dagli altri? Ho presupposto che le perturbazioni nel ciclo del carbone sulla Terra portino a estinzioni di massa sul lungo periodo, se i cambiamenti si avvicendano velocemente; sul breve, se essi sono di vasta portata».

Il professor Rothman è andato a ritroso nel tempo e ha analizzato le 31 volte in cui sconvolgimenti così estesi si sono susseguiti nella storia del pianeta, riscontrando che quattro su cinque delle estinzioni di massa passate si sono avute quando le perturbazioni dei cicli vitali hanno superato una soglia “catastrofica”. Altri eventi, come le eruzioni vulcaniche, i cambiamenti climatici e svariati fattori ambientali potrebbero avere una parte decisiva in questo processo.

E così il condirettore del Lorenz Center ha elaborato una formula matematica per prevedere quale quantità "extra" di carbone possa essere tollerata dall’ecosistema degli oceani, che ne assorbono grandi dosi dall’atmosfera, prima di lanciare l’allarme definitivo. La risposta data dal suo modello è a dir poco preoccupante: la cifra di 310 gigatoni (l’unità di misura per quantificare l’energia che verrebbe prodotta) è inferiore di soli 10 gigatoni rispetto alle emissioni di carbone previste entro il 2100, secondo le più ottimistiche previsioni del Tavolo intergovernativo sui cambiamenti climatici. Lo scenario peggiore, invece, parla di più di 500 gigatoni.

L’ipotesi che le estinzioni delle specie viventi fossero provocate da grandi cambiamenti ambientali fu avanzata per la prima volta circa due secoli fa dal naturalista francese Georges Cuvier. Se i mutamenti sono troppo rapidi per l’evoluzione delle specie, esse potrebbero sparire o in conseguenza del fatto che sono state soppiantate da quelle superstiti (che, cioè, sono riuscite ad adattarsi) o perché incapaci di resistere in un contesto ambientale difficile.
Secondo alcuni scienziati, tuttavia, la sesta estinzione di massa è già in atto: mentre il numero complessivo delle specie estinte non si avvicina agli eventi più apocalittici nella storia del pianeta Terra, la percentuale relativa alle specie scomparse è invece ad essi comparabile. La più grave estinzione di massa mai avuta sulla Terra risale a 248 milioni di anni fa e portò alla scomparsa del 96 percento di tutte le specie viventi.
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