Gustav Thoeni, lei ha vinto quattro Coppe del Mondo e cinque Mondiali, e dopo aver lasciato le gare è rimasto nel mondo del turismo invernale come albergatore, allenatore e proprietario di scuole di sci a Solda, nella sua Trafoi e allo Stelvio. Come ha cambiato il suo lavoro e quello dei suoi colleghi la neve artificiale?
«Gli inverni senza neve degli anni Ottanta hanno bloccato il turismo dello sci. L’inverno che stiamo vivendo, con il suo caldo africano, è ancora peggio, e le perturbazioni che arrivano dall’Artico portano nevicate soltanto a nord delle Alpi. L’invenzione della neve artificiale ha consentito a tutti noi di vivere e di lavorare. Ci ha davvero salvato».
Che differenza c’è per gli sciatori tra la neve artificiale e quella naturale?
Alle Olimpiadi di Pechino le cadute di alcuni atleti sono state attribuite proprio alla neve “sparata” sulle piste di Yanquing. «Non è possibile, perché le piste dove si gareggia ad alto livello sono sempre “tirate” e lavorate in maniera perfetta.
Parliamo dello sciatore normale, del turista delle settimane bianche, che non scia tutti i giorni come voi valligiani. Che differenza c’è, per questo tipo di pubblico, tra la neve artificiale e quella naturale?
«Nel corso della giornata, soprattutto se c’è il sole, la neve artificiale cede e si trasforma in superficie, ma sotto c’è sempre lo strato duro. Bisogna avere gli sci ben preparati, con delle buone lamine, e saper sciare senza esitazioni. Se qualcuno non sa sciare, o scia male, rischia di perdere il controllo e cadere su qualunque tipo di neve, vera o artificiale».