Tutto frutto delle menti instancabili dei makers, gli artigiani digitali, o più semplicemente persone che hanno avuto un'idea e che hanno voluto realizzarla, spesso con mezzi limitati. Un movimento che se prima era composto quasi esclusivamente da appassionati di tecnologia, oggi si è allargato a macchia d'olio, anche grazie ai cosiddetti Fab Lab (laboratori spontanei), invadendo poi scuole e università (quest'anno a Maker Faire ce ne saranno parecchie) ed entrando nei settori più diversi, dalla tecnologia al cibo, dalla musica all'ecologia, dalla robotica fino alla salute e alla cultura.
«Quello che il movimento dei Makers sta attraversando è un periodo di riflessione», spiega Massimo Banzi, curatore della Maker Faire Rome con Riccardo Luna e padre di Arduino, la scheda per la robotica che rappresenta lo spirito maker per eccellenza, «Ci si chiede: Ora che siamo arrivati fin qui, cosa facciamo?».
È la domanda alla quale sia gli organizzatori dell'evento che le istituzioni (Camera di Commercio di Roma e Regione Lazio in primis) stanno cercando di rispondere. Basti pensare alla principale novità di quest'anno: il R.o.m.e. Prize, un premio di 100 mila euro per il miglior progetto presentato. Ma il metodo migliore è senz'altro quello di creare un ponte fra makers e aziende, mettendo gli inventori in contatto con chi davvero può concretizzare i loro progetti e, viceversa, dando l'opportunità alle imprese di scovare nuovi talenti e idee rivoluzionarie. Non a caso le aziende che parteciperanno quest'anno sono tantissime, sia in qualità di sponsor che di espositori.
E chissà che il rinascimento della Città Eterna non parta, o almeno non passi, proprio da qui.
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