Nel caso di analogie verrebbero eliminate. Al momento non sono stati diffusi molti dettagli e neanche le due aziende interessate confermano, probabilmente nel timore che i gruppi terroristici che fanno grande uso di rete e social network possano capire come funziona il sistema e aggirarlo. Lo sviluppo di questa tecnologia è un ulteriore sforzo per contrastare la propaganda pro-Jihad su Internet. Alla fine di aprile il presidente Barack Obama e altri leader americani ed europei, preoccupati per la radicalizzazione online, hanno lanciato un appello ai big dell'hi-tech proprio per discutere un sistema di blocco dei contenuti di questo tipo. E di recente Google, Facebook e Twitter sono stati accusati in tribunale, dal padre di una delle vittime degli attentati di Parigi, di aver permesso la diffusione di contenuti di propaganda terroristica.
Negli ultimi mesi Twitter ha bloccato decine di migliaia di account riconducibili all'Isis.
Tanto che il suo fondatore Jack Dorsey, insieme al Ceo di Facebook Mark Zuckerberg, a febbraio è finito nel mirino dell'Isis: i due sono apparsi in un video di 25 minuti diffuso online e firmato da un gruppo che si fa chiamare Sons Caliphate Army, in cui le loro immagini si vedono avvolte dalle fiamme e perforate da proiettili. Una cyber-guerra tutta sua contro l'Isis la sta conducendo anche Anonymous: in passato ha violato molti account legati al Daesh (acronimo arabo del cosiddetto Stato Islamico), ma il gesto più clamoroso è stato quello successivo alla strage di Orlando. Molti profili Twitter pro-Isis sono stati hackerati: la propaganda terroristica è stata sostituita da bandiere multicolore e messaggi sul gay pride.
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