Wi-fi libero ma non troppo, con leggi che limitano l'uso nei luoghi pubblici

Wi-fi libero ma non troppo, con leggi che limitano l'uso nei luoghi pubblici
di Federico Rocchi
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Sabato 16 Febbraio 2013, 13:27 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 22:28
ROMA - Un recente pronunciamento dell'Autorit garante della Protezione dei dati personali sul conflitto fra ISP, operatori intermedi di gestione e Federazione italiana pubblici esercizi ha apparentemente (e nuovamente) liberalizzato la connettività wi-fi nei luoghi pubblici. La questione è in atto da anni, a partire dal decreto antiterrorismo Pisanu del 2005 modificato dal Milleproroghe 2010, e riguarda obblighi e responsabilità degli anelli che formano la catena di fornitura dei servizi di rete in bar, ristoranti, hotel.

Secondo il presidente Lino Stoppani, l’Autorità garante della Protezione dei dati personali ha confermato l’interpretazione Fipe del decreto Milleproroghe 2010 secondo la quale gli esercenti pubblici possono mettere a disposizione wi-fi e terminali di qualsiasi tipo senza obbligo di registrare identità e tantomeno dati del traffico effettuato. Secondo gli altri operatori che gestiscono il servizio di autenticazione, invece, bar e ristoranti devono ancora identificare gli utenti ed essere considerati corresponsabili del loro comportamento in rete, sia quando svolgono primariamente attività di fornitura di servizi internet (come nel caso degli Internet Point) sia in modalità accessoria (bar, hotel).



Con il sovrapporsi di leggi e interpretazioni la questione è tutt’altro che chiara. Sembra evidente che i pubblici esercizi non siano sollevati dalle eventuali responsabilità che derivano dal comportamento dei propri clienti, un ambito escluso dalle competenze dell’Autorità garante. Gli ISP, dal canto loro, devono sempre rispettare le norme del Codice della Privacy e l’obbligo di conservare per 12 mesi i dati di traffico dei propri clienti che in questo caso, in mancanza di operatori intermedi, sono i gestori dei pubblici esercizi. Per l’identificazione e il tracciamento del singolo utente effettivo i gestori di pubblici esercizi possono affidarsi ad un gestore intermedio oppure fare da soli, chiedendo direttamente al cliente un qualcosa che, come da decreto Milleproroghe 2010, può anche non essere un documento valido da fotocopiare secondo tradizione italica, il tutto con il consenso controfirmato del soggetto interessato, fra un cappuccio e toast volante, oltre l’infrastruttura hardware e software adatta per il tracciamento. Non ci vuole molto a classificare questo scenario come poco realistico, quanto l’insieme delle norme connesse.

SALTO DI QUALITÀ

Si sente l’esigenza di un salto di qualità tecnico e legislativo, di un sistema di identificazione e autenticazione nazionale. In fondo, senza nemmeno invocare la carta di identità elettronica, chimera tutta italiana, basterebbe un uso alternativo delle Sim telefoniche, per definizione associate a persona identificata con documento fotocopiato. Non si sta parlando di questioni politiche ed economiche più generali o promesse di fantomatiche reti wi-fi anarchicamente gratuite come la falsamente annunciata super rete wi-fi USA da costa a costa. Una connessione di tipo wi-fi come la conosciamo oggi è tecnicamente inadatta all’uso in movimento, quello tipico della maggior parte degli utenti italiani coi loro smartphone, quindi le compagnie telefoniche non hanno da temere per i loro ricavi. La disponibilità di una connessione wi-fi locale, talmente locale da essere confinata in un bar, consentirebbe però di gestire correttamente il traffico, liberando quello 3/4G indispensabile alla connessione in movimento dal peso di centinaia di utenti fermi, connessi anche per ore alla stessa cella.

ACCESSO

Sbloccare l’accesso alla rete nei luoghi pubblici in pratica non solo consentirebbe di riportare il paese nella normalità dei tempi ma permetterebbe, sebbene con rovesciamento logico, di rilanciare la questione riguardo ai luoghi costituzionalmente pubblici che normalmente si considerano più consoni di un fast food al lavoro e allo studio come scuole ed università. In quei luoghi l’accesso a internet con cavo è molto difficile e sostanzialmente fuorilegge. In mancanza di un preside illuminato pronto a sfidare il labirinto delle responsabilità è stato fino ad oggi impossibile offrire a studenti e docenti una connessione stabile e gratuita (con filo o senza) nelle ore scolastiche. In questa Italia che va spesso al contrario si spera se non altro che l’azione della Fepi possa trainare anche quei settori che in altri paesi (in Francia, Finlandia e Germania l’accesso alla rete è giuridicamente considerato “essenziale”) sono i motori del cambiamento.
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