Uncharted 4, il gran finale italiano dell'Indiana Jones dei videogiochi

Uncharted 4, il gran finale italiano dell'Indiana Jones dei videogiochi
di Andrea Andrei
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Venerdì 13 Maggio 2016, 20:46 - Ultimo aggiornamento: 16 Maggio, 08:17

Saltare giù dal campanile di Giotto a Firenze è un'esperienza mozzafiato. Così come passeggiare per le strade della Roma o della Venezia rinascimentale. O ancora sorvolare le favolose coste della Sardegna oppure combattere al fianco dei partigiani a Montecassino per liberare l'Italia dai nazisti. Per non parlare di cosa si prova a partecipare a una lussuosa e pericolosa asta di merce rubata in una villa a picco sulla costiera amalfitana. Ebbene, sono tutte esperienze che è possibile vivere, in maniera molto realistica e immersiva, davanti alla propria console. Da Assassin's Creed a Sniper Elite, passando da Just Cause e Uncharted, l'Italia viene spesso scelta come ambientazione ideale per i videogame.

 
È così, se i salti di Ezio Auditore, protagonista fiorentino di Assassin's Creed 2, avevano portato i giocatori di tutto il mondo ad ammirare i panorami delle città più affascinanti della penisola e Rico Rodriguez di Just Cause, nel terzo capitolo della serie videoludica, fra esplosioni e sparatorie spettacolari cercava di liberare un'isola del tutto simile alla Sardegna dal dominio di un feroce dittatore, entro il 2016 il quarto episodio di Sniper Elite farà vestire ai giocatori i panni di un cecchino impegnato a combattere i tedeschi a Montecassino durante la Seconda Guerra Mondiale. Ma la vera novità oggi è rappresentata da Uncharted 4, per la prima volta ambientato nel Bel Paese. 

LA FINE DI UN LADRO
È l'Indiana Jones dei videogiochi. O, se preferite, la versione maschile di Lara Croft. Nathan Drake è infatti il protagonista di Uncharted, serie videoludica che è un misto di esplorazione e sparatutto. Una serie che va avanti dal 2007 e il cui quarto e ultimo capitolo è uscito il 10 maggio in esclusiva per PlayStation 4. "Uncharted 4: Fine di un ladro", sviluppato da Naughty Dog (lo stesso studio che aveva dato vita al capolavoro "The last of us") per Sony Computer Entertainment, è infatti l'ultima avventura di Nathan, accompagnato per l'occasione dal fratello Sam e dall'amico di vecchia data Sully. Con loro il protagonista decide di lasciare la sua vita tranquilla (dopo mille peripezie si era sposato e aveva accettato un lavoro "normale") per lanciarsi alla ricerca dell'immenso tesoro di Henry Avery, il "re dei pirati". Un'avventura che lo porterà, come di consueto, a viaggiare in diversi scenari, dalla Scozia al Madagascar passando appunto per il nostro Paese. 

«L'Italia è una perfetta combinazione di storia, architettura e bellezza - ci spiega Arne Meyer, direttore della Comunicazione di Naughty Dog - era una location ideale per Uncharted». A maggior ragione che Nathan non c'era mai stato prima, dopo aver viaggiato in tutto il mondo, dalla Colombia alla Turchia, fino al Nepal, alla Siria e allo Yemen. D'altronde un videogioco monumentale come Uncharted non poteva terminare prima di fare un passaggio nella patria di Dante. Il che è confermato dal fatto che Sony ha scelto proprio l'Italia o ancor meglio Roma per presentare ufficialmente il suo nuovo gioiello videoludico: il castello Orsini a Nerola per un giorno si è trasformato nel set dell'ultimo atto di uno dei più bei giochi di avventura mai realizzati. 

Dire che Uncharted 4 sia un videogame ben confezionato è semplicemente riduttivo: la cura della grafica, delle scene e della trama lo rendono probabilmente l'esempio più riuscito di videogioco per console di nuova generazione. Un misto perfetto di azione, esplorazione, sparatutto e narrativa, condito da un'estetica di altissimo livello. «Ci siamo concentrati molto sui dettagli - racconta Meyer - volevamo che il giocatore avesse l'esperienza più realistica possibile, anche attraverso l'interazione fedele con l'ambiente». Una missione decisamente riuscita, anche grazie a una colonna sonora azzeccata. Uncharted 4 è una di quelle avventure videoludiche in grado di dare le stesse emozioni dei libri: come in un romanzo di Stevenson, non si vede l'ora di tornare a casa per potercisi rituffare dentro e andare avanti, risolvere un altro enigma, scoprire una nuova traccia. Un'avventura da vivere tutta d'un fiato, senza riflettere troppo ma lasciandosi trascinare dagli eventi e dalla trama, in una grande e affascinante caccia al tesoro che è talmente divertente da sembrare sempre che sia durata troppo poco. Anche se dura da dieci anni. 

«È stato un lungo viaggio che ci ha portato a conoscere Nathan anche da un punto di vista emozionale.
Siamo cresciuti insieme a lui - dice un po' emozionato Meyer - e da una parte ci dispiace che sia finita. Ma la tristezza è compensata dalla consapevolezza che è finita bene, nel giusto modo, come doveva finire. E credo che questo i giocatori lo capiranno». Meglio quindi concentrarsi sul finale che sul modo di tirare per le lunghe una storia fino a farle perdere l'anima. D'altronde è l'unico modo per trasformare un finale in un gran finale.

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