Tim Cook: «Porteremo l'innovazione a casa vostra»

Tim Cook: «Porteremo l'innovazione a casa vostra»
di Maria Latella
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Domenica 15 Ottobre 2017, 10:20 - Ultimo aggiornamento: 16 Ottobre, 13:47

Farsi un selfie con Tim Cook. Ecco cosa, a Firenze, accomuna i sedicenni che si affollano in un teatro per ascoltare il ceo di Apple e gli uomini di potere che, qualche ora dopo, lo incontrano a cena per celebrare con il presidente dell'Osservatorio Giovani Editori, Andrea Ceccherini, la diciottesima edizione de Il quotidiano in classe, l'iniziativa che in questo arco di tempo ha coinvolto oltre quarantacinquemila insegnanti e milioni di studenti delle scuole superiori.

Vale la pena di soffermarsi sul dettaglio dei selfie, riflettere sulla fascinazione collettiva, intergenerazionale e interclassista che il brand Apple e il successore di Steve Jobs esercitano. Succede perché questo sessantenne alto e molto magro è il gran capo di un'azienda che qui, nella vecchia Europa, rappresenta tutto quel che vorremmo e ancora non siamo: la proiezione verso il futuro, l'energia delle cose che verranno, la consapevolezza di chi già è un pezzo avanti nel realizzare cose che noi umani, diceva l'androide del Blade Ranner numero 1, non potremmo neppure immaginare.

Per questo la ragazza Martina di Verona o il ragazzo che ha fondato un gruppo denominato Our voice cercano il selfie con Tim Cook proprio come con lui, due ore dopo, si faranno fotografare editori e manager famosi, da Urbano Cairo a Ernesto Mauri, personaggi mediatici come Roberto D'Agostino e Lapo Elkann, amministratori delegati come Franco Moscetti del Sole 24 Ore.

IN GIRO PER MUSEI
Ci incontriamo per un caffè nella sede dell'Osservatorio Giovani Editori. Tim Cook è reduce da una visita nelle meraviglie museali di Firenze, Andrea Ceccherini gli ha fatto da guida e ora, nell'ufficio di piazza Antinori, col cfo di Apple, Luca Maestri e lo staff di Cupertino scambiamo qualche chiacchiera prima dell'intervista pubblica.

Non ho mai parlato con uno dei capi della Silicon Valley e ho mille curiosità sullo spicchio (o meglio sulla larga fetta) di futuro che loro conoscono e noi no. Tim Cook chiede un caffè americano e comincia a raccontare del tour europeo che in quattro giorni l'ha portato a Parigi, a Londra, poi a Oxford dove ha parlato agli studenti, e in Svezia. Tre paesi in quattro giorni, ma la pausa più lunga sarà per l'Italia, passerà il fine settimana in Toscana e ha l'aria di apprezzare la prospettiva di semivacanza.

Parliamo di realtà aumentata, l'ultima fascinazione e la prossima frontiera di Apple. Per far capire a chi, come me, ha bisogno di esempi terra terra, cita la Svezia, il paese nel quale si trovava un giorno prima. «Molti svedesi abitano in aree lontane dalle grandi città. Centri piccoli, nel mezzo del nulla. Immagina come potrebbe essere utile per loro poter visitare nel dettaglio la casa che vogliono comprare, senza doversi ogni volta spostare. Comprare una casa è l'acquisto più impegnativo della vita. Con la realtà aumentata puoi vederla a distanza, in ogni dettaglio. Puoi anche vedere da quale parte tramonta il sole, quale vista si gode con una certa luce del giorno. E tutto questo senza muoverti dalla tua cucina».

BOTTA E RISPOSTA
Mentre parliamo di futuro, sembra scontato guardare a quello più immediato: l'incontro con gli studenti che aderiscono al progetto dell'Osservatorio Giovani Editori. Il ceo di Apple non sembra preoccupato; è abituato al botta e risposta con gli studenti e credo che tutto sommato lo diverta. Si cita la sua scelta di prendere posizione sui temi di attualità, gli dico che vorrò capire cosa pensa dell'America di Trump e lui ride: «I miei vorrebbero che parlassi di tutto tranne che di questo. Ma ne parleremo, perché no?». Gli sta a cuore, spiega, l'impegno di Apple sul fronte della formazione scolastica, l'education. Anche per questo Apple, ricorda il cfo Luca Maestri, ha deciso di aprire a Napoli una sua accademia.

Lasciamo la sede di piazza Antinori, arriviamo nel teatro dove mille ragazzi lo attendono e si capisce che forse nemmeno Tim Cook, l'uomo abituato a parlare alle platee delle università di tutto il mondo, si aspettava un'accoglienza da rock star.

Gli chiedo perché Steve Jobs ha scelto proprio lui come suo successore e nella risposta c'è tutta la visione del fondatore: «Lavoriamo come una band, come un'orchestra. E no, a Steve non sono mai piaciuti gli yes man. In Apple non sono mai durati a lungo». L'emozione arriva alla fine, quando Tim Cook racconta com'è lavorare senza Steve Jobs, com'è stato sapere che lui era malato e scoprire che se ne sarebbe andato molto prima di quanto, in Apple, prevedevano e speravano. Gli applausi, la ressa, i selfie sanciscono che Cook non ha deluso le aspettative dei mille ragazzi che lo hanno ascoltato.

L'ENTUSIASMO
Un'ora dopo, in uno di quei palazzi fiorentini che affascinano chi a Cupertino vive il Rinascimento numero due, Tim Cook fronteggia un altro genere di entusiasmo.

Quello di un pezzo d'Italia ricca, influente, potente. Un'Italia alla disperata ricerca di energia. Chissà se lo scambio avverrà, se l'energia dei mille studenti che erano in teatro ad ascoltare Tim Cook, riuscirà a contaminare anche l'Italia del potere, appagata e inquieta. Ammesso che quest'altra Italia sappia ancora farsi contaminare.

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