No Man's Sky e quel viaggio infinito alla ricerca di nuovi mondi

No Man's Sky e quel viaggio infinito alla ricerca di nuovi mondi
di Andrea Andrei
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Domenica 14 Agosto 2016, 11:46 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 20:23

«Il mio ricordo più vivido di quando stavo crescendo in una regione remota australiana è di quando ho guardato le stelle e mi sono sentito piccolissimo. Leggevo tanti libri di fantascienza e avrei voluto fuggire in quei mondi». Chissà se esiste un uomo che non abbia mai provato la stessa sensazione. Magari qualcuno che non è cresciuto con i romanzi di Ray Bradbury e di Isaac Asimov o con film come Blade Runner o E.T. L'extraterrestre. Chissà se c'è una persona che non abbia mai, nemmeno per un momento, pensato all'infinito.

Di sicuro lo ha fatto Sean Murray, l'uomo che ha pronunciato quella frase. È il fondatore e amministratore delegato di Hello Games, casa di sviluppo di videogame con base a Guildford, nel Regno Unito. È lì che ha preso vita No Man's Sky, videogioco-fenomeno uscito il 10 agosto per PlayStation 4 e due giorni dopo per Pc (in vendita a partire da 60 euro), che è probabilmente l'esperimento più ambizioso di sempre non solo in ambito videoludico, ma anche nell'industria culturale in generale.

 
Il videogame permette ai giocatori di lanciarsi nell'esplorazione di un universo incredibilmente vasto, formato da poco meno di 18,5 trilioni (cioè miliardi di miliardi) di pianeti, tutti diversi tra loro. La cosa davvero particolare e per certi versi emozionante, è che colui che sbarca su uno di questi pianeti è davvero il primo a farlo (tanto che può addirittura battezzarlo) e ha l'opportunità di muoversi su una superficie completamente inesplorata, anche dagli stessi sviluppatori del gioco.

L'ALGORITMO
Com'è possibile? Grazie a un algoritmo che crea sul momento il pianeta stesso con una programmazione procedurale, che rimescola tra loro degli elementi seguendo determinate regole. Lo stesso tipo di pianta o di animale, ad esempio, può trovarsi su diversi pianeti, ma il modo in cui è inserito nel contesto è unico nel suo genere. Stessa cosa per la conformazione, i colori, l'atmosfera e tanti altri elementi, in un universo praticamente infinito nel quale è possibile trovare risorse, commerciare, combattere.

Che poi, cosa vuol dire infinito? Diciotto trilioni, per quanto sia un numero gigantesco, una fine ce l'ha. Ma se il concetto si relativizza, e se quel numero viene messo a confronto con la nostra dimensione umana tanto limitata, anche l'infinito assume una dimensione. Eccola: se su No Man's Sky si scoprisse un pianeta al secondo, ci vorrebbero 585 miliardi di anni per vederli tutti. Peccato che, stando alle stime degli scienziati, il nostro sole brillerà ancora per solo 5 miliardi di anni. Altro esempio: considerando che ad oggi la popolazione della Terra è di poco meno di 7,5 miliardi di persone, se ogni essere umano esplorasse un miliardo di pianeti non verrebbe scoperta nemmeno la metà dell'universo del videogame. Il che vuol dire che la stragrande maggioranza dei pianeti presenti nel gioco resterà inesplorata.

D'altronde l'intento degli sviluppatori era chiaro, come spiega Murray: «Se, anche per un solo momento, il nostro gioco riuscirà a far provare ai giocatori la sensazione di trovarsi all'interno di un libro di fantascienza e a far percepire loro le dimensioni del nostro universo, potrò ritenermi soddisfatto».

IL PIANO
Un'idea, quella di andare sempre alla ricerca dell'altro e dell'oltre, che da sempre accomuna scienza e arte. Il nostro viaggio verso l'infinito segue infatti un percorso parallelo. Da un lato la letteratura, il cinema, i videogiochi, dall'altro le missioni spaziali. Da un lato la finzione, dall'altro la realtà. Da una parte l'Odissea nello Spazio di Stanley Kubrick, il Viaggio al centro della Terra di Jules Verne o anche la saga di Star Wars, di cui cui un nuovo capitolo, Rogue One: a Star Wars Story, uscirà il prossimo dicembre, dall'altra la Nasa. La quale ora sta progettando, con aziende come Boeing, Lockheed Martin, Orbital Atk, Sierra Nevada, NanoRacks e Bigelow Aerospace, dei prototipi di nuove stazioni spaziali destinate a riprodurre l'habitat della Terra anche oltre l'orbita bassa, cioè oltre i 2000 chilometri di distanza dal nostro pianeta. Basti pensare che le missioni attuali si svolgono normalmente ben al di sotto di questa soglia (la media è di 390 chilometri), e che l'uomo non si è mai spinto oltre i 1.374 chilometri di distanza.

Il viaggio continua, insomma. Continua anche se sappiamo che non finirà mai. Continua per gli astronauti ma anche per ognuno di noi, attraverso i libri, i film, e ora anche grazie a un videogioco, in maniera ancora più realistica. Ma continua anche con molto meno. Perché basta puntare gli occhi al cielo in una notte d'agosto, ammirando il suo spettacolo di stelle cadenti, per sentirsi piccoli ma anche per capire che quell'infinito che cerchiamo ce l'abbiamo dentro. E che quella voglia di andare oltre sarà pure la nostra croce, ma è ciò che ci rende unici e irripetibili. Ben più di quanto possa fare qualsiasi algoritmo.

andrea.andrei@ilmessaggero.it
Twitter: andreaandrei_

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