Abzû, viaggio negli abissi della civiltà alla ricerca di noi stessi

Abzû, viaggio negli abissi della civiltà alla ricerca di noi stessi
di Andrea Andrei
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Venerdì 5 Agosto 2016, 01:14 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 18:20

C'è un videoclip che gli amanti della musica ricorderanno bene: è quello di Pyramid song, splendido primo singolo dell'album Amnesiac, dei Radiohead, datato 2001. Un video realizzato interamente al computer (il che allora non era molto comune), che con una grafica 3D minimalista in stile videogioco mostrava un uomo, una figura senza corpo né volto, immergersi in mare e lì vagare tra i resti di una città sommersa, immobile e buia.

Un'immagine poetica e triste, in un'atmosfera di profonda nostalgia nella quale, è proprio il caso di dirlo, ci si ritrova immersi completamente. Ed è la stessa immagine che riporta alla mente Abzû, nuovo videogame per PlayStation 4 e Pc pubblicato da “505 Games” il 2 agosto e sviluppato da “Giant Squid”, studio indie californiano capitanato dal visionario direttore creativo Matt Nava e diventato famoso grazie al bellissimo Journey, un'avventura di ricerca ed esplorazione che ha aperto una nuova frontiera nel settore videoludico.

Così come per Journey infatti è impreciso definire Abzû un videogioco: si tratta piuttosto di un'esperienza, intima e profonda (perfetta per questo torrido agosto), da vivere possibilmente al buio, con un paio di cuffie ben piantate in testa e in pieno relax, senza distrazioni. Se Journey ci catapultava in un deserto di sabbia e neve, Abzû ci porta in un altro deserto: un deserto sottomarino, che si estende in profondità, fatto di acqua ma, a differenza di Journey, brulicante di vita. Vegetazione rigogliosa e decine di migliaia di creature marine popolano infatti questo mondo sommerso, ognuna con il suo stile di vita e il suo comportamento, proprio come quelle realmente esistenti in natura. Al protagonista della storia, un umanoide dotato di pinne e caschetto ma che non ha bisogno di bombole di ossigeno (gli sviluppatori lo chiamano “The Diver”, il tuffatore, e affermano che sia di sesso femminile, anche se la cosa è del tutto ininfluente), non sta che osservare ed esplorare, diventando parte dello splendido ecosistema che lo circonda.

 
Qual è lo scopo di questa esperienza? Capirne lo scopo. Abzû (che è la combinazione di due parole sumere, “Ab”, che significa “oceano” e Zû, che significa “conoscere”, per cui Abzû è l’oceano della saggezza) è un viaggio poetico tra le rovine di una civiltà perduta alla ricerca di qualcosa: dell'origine e della storia del (o della) protagonista, ma anche del senso di ciò che man mano si scopre e degli strani rapporti che si instaurano con le creature o le entità che si incontrano in questo luogo magico, fatto di balene, squali, calamari giganti che è possibile cavalcare, ma anche di macchinari indecifrabili, simboli esoterici, geroglifici, per mezzo dei quali capire come procedere.

Una commistione di atmosfere irresistibili dal sapore orientale, accompagnate da una colonna sonora strepitosa, in cui il fine è godersi il viaggio, tuffandosi a perdifiato nel vortice creato da un branco di pesci, saltando fuori dall'acqua insieme ai delfini e fluttuando tra la vegetazione o meditando e osservando la pace del mondo in cui ci si trova. Un mondo che però sa anche essere minaccioso, pericoloso e a tratti ostile, perché anche questo fa parte del viaggio. Ben presto ci si rende conto comunque che quel male non proviene mai dalla fauna che si ha attorno, che anzi contribuisce a rendere tutto più emozionante: ed ecco che anche uno squalo bianco, il più temuto tra gli abitanti del mare, diventa un amico fidato su cui contare.

In Abzû non si parla, non ce n'è bisogno: il mare è un luogo in cui l'interazione è fatta solo di movimento e istinto, per certi versi l'esatto opposto di ciò a cui noi, con la nostra onnipresente (e spesso vuota) comunicazione, siamo abituati. Sarà per questo che ciò che succede in questa dimensione lo si percepisce come qualcosa di estremamente personale: siamo noi a scegliere se e a quale velocità procedere, siamo noi a dare un'interpretazione a ciò che vediamo, all'identità del protagonista e al suo scopo. Siamo noi a decidere se, una volta finito, ricominciare da zero rendendo il tutto completamente diverso. Siamo noi, insomma, a scegliere di cosa andare in cerca: se di un ricordo perduto, di un'amicizia ritrovata o semplicemente di noi stessi. Ma per farlo, bisogna avere il coraggio di tuffarsi.

andrea.andrei@ilmessaggero.it
Twitter: @andreaandrei_

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