Chernobyl

Chernobyl

Era il 26 aprile 1986

Chernobyl : all’una e 23 del 26 aprile del 1986, l’unità 4 della centrale nucleare dell'Ucraina, allora Unione Sovietica, esplose nel corso di un test. Il boato si sentì anche nella vicina città di Prypjat, dove alloggiavano la maggior parte dei lavoratori dell’impianto. Ai cittadini non venne data alcuna informazione e per quasi due giorni la loro vita proseguì come se nulla fosse accaduto. Secondo fonti occidentali i morti furono 9mila. L'incidente comportò anche la fine del programma energetico nucleare in Italia. 

E' il 26 aprile 1986, allora, il giorno più significativo nella storia delle centrali nucleari nel continente europeo. L'evacuazione iniziò solamente il pomeriggio del 27 aprile, causando gravi ripercussione sulla salute degli abitanti, soprattutto dei bambini. Le polveri radioattive intanto si sprigionavano nell’aria. Prima in Ucraina, poi in Bielorussia e in Russia. In pochi giorni l’intera Europa venne travolta da una paura nuova, sconosciuta, mentre le autorità sovietiche cercavano di minimizzare cosa stesse accadendo. Dal reattore fuoriuscirono circa cinque tonnellate di materiale radioattivo. Il resto invece è rimasto lì, nell’unità numero 4.

In gran parte dell'Europa, nelle settimane seguenti, con l'espandersi della "nube tossica" salì l'allarme per le possibili contaminazione da radiazioni che si riteneva potessero interessare numeri prodotti alimentari: insalata e latte, in particolare e, di conseguenza, tutte quelle preparazioni che li utilzzavano. Inizialmente venne detto di lavoare con cura la verdura, quella a foglia larga, in particolare, ma poi in tanti smisero proprio di mangiarla per un lungo periodo. Mentre gli esperti si dividevano sugli effettivi rischi, la psicodi da radiazione condizionò pesantemente le abitudini quotidiani e la sorte delle aziende di agricoltori e allevatori. Basti pensare agli omogeneizzati per i bambini preparati appunto verdure, frutta, carne e latte.  


Uranio e plutonio sono ancora custoditi sotto al vecchio sarcofago, una copertura realizzata dai soldati direttamente sopra al reattore, quando nemmeno i robot resistevano alla potenza – mortale – delle radiazioni. Si tratta di un rivestimento che diversi esperti ritennero inadeguato sin dal primo momento. Oggi è pieno di buchi – sarebbero almeno duecento – dai quali le polveri radioattive si sprigionano, ininterrottamente, nell’aria circostante alla centrale.


“Chernobyl è un problema eterno”, mette in guardia Valentin Kupny, il padre di Alexander, che è stato il responsabile della manutenzione della prima copertura del reattore dal 1995 al 2002. “Ci vorranno millenni per smaltire gli isotopi radioattivi che ormai si trovano dappertutto: nella terra, nell'acqua e nell'aria delle zone contaminate. Io non credo nell'utilità del nuovo sarcofago”.


Un progetto finanziato da 40 Paesi. L'attenzione internazionale si è concentrata unicamente su un nuovo rivestimento per il reattore ma nessuno, dal 1986, si è preoccupato delle tonnellate di materiale radioattivo che sono state interrate in una vasta area intorno a Chernobyl.

Dopo l'incidente i liquidatori (coloro che lavorarono a Chernobyl nei mesi successivi al disastro e che contarono una percentuale spaventosa di morti) sotterrarono – in buche profonde pochi metri e senza alcun isolante – interi villaggi: il primo strato di terra, intere case, automobili, animali da allevamento e da compagnia. Ma tutto questo materiale altamente radioattivo è ancora lì, nascosto ma ancora letale. E rimarrà lì per sempre perché nessuno sa dove siano oggi questi cimiteri nucleari.

Vittime: le stime

In questi 33 anni il dato sulle vittime dirette e indirette dell'incidente non mai stato delineato con omogeneità. Si citano il rapporto del Chernobyl Forum e quello del Partito Verde Europeo del parlamento europeo chiamato Torch (The Other Report on Chernobyl). Il rapporto Torch è appaiato a quello del Chernobyl Forum sui morti sicuri, ovvero 65, ma differisce fortemente sui morti presunti che, negli anni, secondo Torch, è salito a quota 9000.  Forti contrasti che continuano anche sulla presunta incidenza della radiazioni sullo sviluppo di malattie tumorali (leucemia, soprattutto ) fra le popolazioni, da quelle più vicine a Chernobyl (600mila gli evacuati) a quelle del resto d'Europa.  


L'incidente ucraino rappresenta anche la pietra tombale sul programma nucleare italiano. Dopo la tragedia e le sue ripercussioni sul resto d'Europa, nessun partito in Italia, a eccezione di quello repubblicano, osa schierarsi con i No al referendum sul nucleare, promossi dal Partito Radicale, consultazione che avrà luogo l'8 e il 9 aprile del 1987. L'esito referendario segna la fine del programma nucleare dell'Italia, che, per circa un decennio, in pieno boom economico, si era trovata all'avanguardia del nuovo settore tanto da diventare, a metà degli anni '60, il terzo produttore al mondo di energia elettronucleare.

 

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