Le Olimpiadi hanno già battezzato un nuovo eroe. Dean Boxall ha preso per mano l'allieva prediletta, l'australiana Ariarne Titmus, l'ha portata a battere il mito Ledecky nella finale dei 400 stile e poi ha liberato la sua gioia e i capelli biondi da surfista: via la mascherina in tribuna, inseguito invano da un volontario giapponese, grida belluine, pugni all'aria, colpi di bacino al limite dell'ammonizione per volgarità e la balaustra in vetro scossa fin quasi a cedere.
Così il video della sua esultanza in tribuna è diventata virale sui social, e dal Guardian al Washington Post il mondo ha scoperto un personaggio perfetto per "un mercoledì da leoni". In Australia è già partita una petizione online per farne il portabandiera della cerimonia finale di Tokyo 2020.
— Drip Studwell (@DRripSTUD) July 26, 2021
Tokyo 2020, le Olimpiadi delle esultanze
Le Olimpiadi senza pubblico sono in realtà già diventate i Giochi delle esultanze. Il coach di Hafanoui oro dei 400 stile uomini ieri ha urlato a squarciagola. Tecnici e parenti di Tom Daley e Matty Lee si sono abbracciati alla faccia di tutte le regole in bolla Covid all'oro nei tuffi sincro.
«È un selvaggio, un pazzo completo», ha raccontato la neozelandese Eve Thomas, entrato nell'esclusivo e militaresco college di allenamento a Brisbane del 43enne coach i cui metodi sono molto contestati, ma vincenti. Dicono di lui che dai suoi atleti voglia tirar fuori «l'animale che è in loro». E "wild" è la parola chiave, per questo colosso d'Australia che a Brisbane hanno accusato di torturare i nuotatori con metodi da caserma. «Non ho mai letto un libro di tecnica del nuoto - ha raccontato un giorno al Sydney Herald - Perché il nuoto è così: prepari tutto alla perfezione, e poi capita una cavolo di cosa che ti
ferma...punto sulla testa, sulla motivazione. So che può non piacere, ma se seguo i metodi di altri perdo la bussola».
«Devo tutto a lui - ha raccontato la ventenne Titmus - L'ho visto da lontano, incontenibile nella sua esultanza, e mi sono venute le lacrime. È un pò agitato, come anch'io dentro». Lui, però, l'ha fatto vedere a tutti.