Grazie di tutto e arrivederci. Dove? A Parigi, ovvio. Gregorio Paltrinieri chiude le sue Olimpiadi con una gioia e un rimpianto. La gioia è quella che sveglia l’Italia presente a Tokyo, il bronzo nella dieci chilometri di fondo. Il rimpianto è, nella testa del campionissimo azzurro, che questa medaglia non sia d’oro, come avrebbe voluto fossero anche quella degli 800 e quella che non è arrivata nei 1500. Dannata mononucleosi e dannata ossessione per questo triplete che lo avrebbe proiettato ancora di più in una storia dello sport italiano nella quale Greg ha già tutti i requisiti per adagiarsi comodamente. Ma, diamine, questa medaglia pesa così tanto che se gliel’avessero messa al collo in acqua sarebbe andato a fondo. Certo, nei 1500 serve più sprint, ma la fatica arrivata nelle ultime vasche che lo aveva giù dal podio era risuonata come un allarme. E invece Greg, sempre più in versione Fenice che risorge dalle proprie disgrazie, la fatica l’ha domata nonostante abbia dovuto percorrere otto chilometri e mezzo in più, tra le onde del mare aperto e facendo a sportellate con gli avversari. “Scusa se è poco” avrebbe detto Diego Abatantuono una quarantina di anni fa. E invece cosa dice Paltrinieri? “Volevo tre ori e la testa non cambia. Certo che ci riprovo a Parigi. Fosse per me ci riproverei la prossima settimana. E ci riproverò fino a quando ce la farò”. Poi in serata, a Casa Italia, si concede una battuta. “Sto diventando come la Juve, inseguo il triplete ma…”. Parola di tifoso bianconero, quindi nessuno sfottò campanilistico.
GREG E GIMBO
Paltrinieri è un agonista e non può essere soddisfatto al cento per cento.