dal nostro inviato a Tokyo
La protagonista che non ti aspetti nello sport che non ti aspetti. L’Italia cresce ancora nel medagliere e ringrazia Giorgia Bordignon e il sollevamento pesi. Entrambi nel magic moment della loro storia. Giorgia, sulle pedane di Tokyo, si mette al collo un argento inaspettato e diventa la prima pesista azzurra di tutti i tempi a salire sul podio. Il suo sport, dopo il bronzo di Mirko Zanni nei 67 chili, torna a vincere due medaglie nella stessa edizione delle Olimpiadi come non accadeva da Melbourne 1956. Il tutto condito – cosa che non guasta mai - da una serie di record superati. La 34enne di Gallarate – in gara nella categoria 64 chili – si è piazzata alle spalle della sola canadese Charron, alzando 232 chili, 104 nello strappo e 128 nello slancio. Tutti primati nazionali. Capelli tenuti su da tre mollette – una rossa, una bianca e una verde – Giorgia ha vinto con la gara perfetta (6 alzate valide su 6) e la forza… dell’incoscienza. Prima di salire in pedana per il tentativo decisivo il direttore tecnico della Nazionale Sebastiano Corbu le si avvicina e la punzecchia. «Dimostrami quante pa… hai». «Non ho voluto sapere quanti chili dovevo sollevare», racconta lei. Il resto è storia di un trionfo. «Ho scoperto di averne alzati 128 solo quando sono scesa e ho incrociato lo sguardo di Pietro», Roca, il tecnico della squadra azzurra. «Adesso sento un peso al collo, ma questo è un peso piacevole», scherza dopo la premiazione.
IL BIS
Alle seconde Olimpiadi dopo quelle di Rio – nessuna pesista azzurra ha nel curriculum due viaggi ai Giochi – Giorgia raccoglie i frutti di una passione partita da lontano, ma quasi per caso.
Tokyo 2020, Bordignon argento nel sollevamento pesi
LA RIVOLUZIONE
Il problema d’altra parte c’era, se è vero come vero che tra corruzione (mazzette per circa 18 milioni di dollari) e contrasto al doping inesistente (accertati più di 700 casi negli ultimi 20 anni), il Cio è dovuto intervenire per rimuovere dalla presidenza della Federazione internazionale (IWF) l’ungherese Tamàs Ajàn, per tutti “il tiranno”, in sella dal 1975 allo scorso marzo, prima da segretario e poi da presidente. Nel suo board ben otto membri provenienti da Paesi esclusi da Tokyo 2020, in modo totale o parziale, proprio a causa di problemi di doping. «Le cose stanno cambiando – dice l’atleta delle Fiamme Azzurre, che si allena a Valenzano, vicino Bari - Ora vincono le persone che stanno affrontando le loro paure e che se lo meritano pienamente». Come Giorgia che, tempo fa, parlando con Corbu, profetizzò: «Vado a Tokyo e faccio la gara della vita». Detto, fatto.