Tancredi: «Roma è una piazza difficile? E' un luogo comune. Nella Roma manca la romanità».

Tancredi: «Roma è una piazza difficile? E' un luogo comune. Nella Roma manca la romanità».
3 Minuti di Lettura
Venerdì 20 Marzo 2015, 15:33 - Ultimo aggiornamento: 15:41
​Franco Tancredi, ex portiere della Roma ed ex prepratore dei giallorossi, ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni di Tele Radio Stereo.

«La Roma deve arrivare seconda, non so come, non so in che modo ma i giocatori devono dare ai giocatori questa soddisfazioni, per tanti motivi. A fine anno, poi si deve fare una grandissima riflessione per vedere cosa è successo».



Secondo te Franco cosa è successo?

«La crisi secondo me è cominciata prima di Dicembre. Io credevo che il gap con la Juve si fosse ridotto. Dopo un buon inizio, non so cosa sia successo. Se è un fatto di testa è ancora più grave. Col Bayern si può perdere, ma non può aver minato la sicurezza di tutti i giocatori all’unisono. La Roma ha una rosa importante, un monte ingaggi secondo solo alla Juve. Quella partita avrebbe dovuto spronare i calciatori».



Tu hai vissuto alla Roma tanti anni, anche momenti difficili. Un anno in cui la Roma la sembrava costruita per obiettivi importanti e che alla fine lottò per delle posizioni più basse. Cosa succede?

«Io aborro la parola “A Roma è difficile”. A Roma è facile. Per un giocatore è il massimo. La tifoseria ti perdona tante cose. A Madrid ci hanno cacciato nonostante avessimo vinto. Roma ti da soddisfazione, certo ci vuole equilibrio. Bisogna lavorare bene, bisogna far capire ai giocatori dove sono arrivati. Da tutte le parti è difficile».



Dentro la Roma non c’è poca romanità?

«Se uno riuscisse ad avere una grande squadra con la romanità sarebbe ottimo. I due presidenti che hanno vinto gli ultimi due scudetti non erano romani. La romanità te la cuci addosso».



Non mancano dei Tancredi alla Roma?

«Io c’ero tornato qualche anno fa, ma sono durato poco… I giocatori importanti ci sono, Totti ha fatto la storia. Ci vorrebbe qualcuno che avesse questa romanità cucita addosso».



Tu sei uno dei pochi portieri para-rigori della storia della Roma. Che lavoro si deve fare sui rigori?

«Una qualità tecnica del portiere è anche quella di parare i rigori. Questa attitudine si può allenare, dando dei consigli. Li ho estrapolati da tre grandi allenatori: Valcareggi, Liedholm e Capello. Io sono migliorato tantissimo con specifici allenamenti e soprattutto bisogn rimanere fermi fino alla fine. Adesso poi c’è un vantaggio: tu puoi vedere tutti i rigori calciati da tutti i giocatori del mondo».



Cosa successe a Stekelenburg?

«Io quando tornai alla Roma dissi che per l’importanza di questa squadra, il portiere della Roma deve essere un grandissimo portiere, con spiccata personalità. Il portiere bravo è quello che sbaglia meno. Io feci due nomi: Diego Lopez e Handanovic. Poi non ci sono stati i presupposti e non sono stati presi. Stekelenburg lo prendemmo perchè fece un bel mondiale. Luis Enrique voleva anche un bravo portiere coi piedi e lui lo era. Un portiere bravo ti porta 10-15 punti a campionato, poi se la Roma vuole partire da dietro devi avere un portiere bravo con i piedi».



Chi prenderesti per il prossimo anno?

«Beh Handanovic andrebbe bene. Mi piace moltissimo anche Perin, anche Sportiello è un buon portiere».