IL RAPPORTO CON I TIFOSI
Non è facile il rapporto con i tifosi della Roma che chiedono con forza un trofeo che non arriva nella Capitale da 10 anni: «I tifosi della Roma hanno tutti ragione, ma il tifoso ha sempre ragione, solo che quelli della Roma di più, perché quando uno tifa una squadra come la Roma deve vincere qualcosa. Non sono venuto qui per vendere, ma a fare il mio lavoro e il mio lavoro era sistemare i numeri. Piano, piano l’anno scorso abbiamo sistemato più o meno i numeri e abbiamo fatto delle vendite normali, quelle che io ho pensato essere buone per la Società. Non ho la bacchetta magica, quello che ho fatto, l’ho fatto sempre nella stesa forma, lavorando con i giovani, ma anche con i giocatori che già sono fatti. So che il tempo nel calcio a volte non arriva mai, ma sono convinto di avere ragione».
IL LAVORO DI DS
Monchi ha una fitta rete di osservatori e collaboratori con cui valutare e scegliere i calciatori che poi porterà in giallorosso: «In una prima parte dell’anno raccogliamo una visione generale, poi cominciamo a segnalare il giocatore, ma lo vediamo tante volte, tra le 6 e le 12. Io sono un difensore della tv, perché credo che la prima impressione debba essere così, altrimenti dovresti avere 500 scout. Poi, una volta che capisci che un giocatore potrebbe avere certe caratteristiche, devi sempre andare a vederlo dal vivo». Sono molte le differenze tra fare mercato in Spagna e in Italia: «Qui si lavora in una vetrina, esce ed escono tutte le notizie, è difficile e per me è stato il cambiamento più grande. In Spagna il mercato è importante, ma non diventa una notizia continua. Qui è una notizia non solo ad agosto o a luglio, ma a settembre, ottobre, novembre…».
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