«Mettila fuori,
Finocchio. Mettila fuori». Questa frase è costata l’espulsione a Paolo
Magnani, allenatore della
Primavera del
Bologna nel derby del sabato con il
Parma. Era l'aprile del 2011. L'arbitro
Donati di
Ravenna aveva pensato all’insulto omofobo a un giocatore avversario, neanche sapeva che il casertano Francesco
Finocchio si chiamasse proprio così. Al 93’ era a terra lo spagnolo Manuel
Gavilan, il suo tecnico, che in agosto fermò l’
Inter sullo 0-0, dopo l’esonero di
Colomba, aspettando
Malesani, si alza dalla panchina e urla al centrocampista del
Parma di spedire la palla in fallo laterale.
Finocchio lo accontenta fermando la ripartenza veloce ma fa arrabbiare anche il proprio mister, Tiziano
De Patre: «Ma cosa dai ascolto a quello?». Espulsi entrambi gli allenatori, inutili i tentativi di spiegazione. Finisce 2-2, negli spogliatoi
Mantovani, capitano rossoblù, chiede all’arbitro il perché del rosso al suo allenatore e
Donati imperturbabile risponde: «Cosa faresti se a te dessero del finocchio?». «Guarda che è il suo cognome», la replica. Il direttore di gara resta impietrito: «Ormai il danno è fatto, sarò leggero nel referto». In effetti
Magnani non è stato squalificato. Diversa la versione di
De Patre, che parla di pura invenzione.
«Ho chiesto al mio atleta di giocare la palla - racconta il tecnico gialloblù -, perchè l’avversario era a terra ma fuori dal campo.
Magnani mi ha offeso e io ho risposto». Tra i due c’è ruggine. «Quattro anni fa in un
Bologna-Parma Allievi, finita 4-2, lui fu espulso e si mise dietro la mia panchina a offendermi. E’ fatto così». Francesco
Finocchio è stato in nazionale under 17, come attaccante, adesso gioca a centrocampo e in under 19. «Vive il suo cognome senza problemi - assicura De Patre -, è un ragazzo solare, veramente a modo». Che può far carriera a dispetto della facile ironia.