I CANDIDATI
Cristiano Ronaldo, si diceva, sembra aver dunque sorpassato i rivali lungo la via del successo: ha firmato 96 reti nelle 92 gare giocate durante la scorsa e l’attuale stagione, e ha incantato il mondo al ritmo di prestazioni da fiaba. Non ha vinto nulla nel 2013, d’accordo, eppure ha trascinato il Portogallo ai Mondiali brasiliani, ha dimostrato di saper inclinare il piano delle partite, e di poterle condurre in porto, in totale solitudine. Inarrestabile davvero. All’opposto Messi ha segnato 69 centri nell’annata passata, ha conquistato la Scarpa d’oro, la Liga e la Supercoppa spagnola, ma ha patito gli infortuni e una condizione atletica instabile. Quanto a Ribéry, be’, il francese ha collezionato ogni tipo di titolo nel 2013 indossando i colori del Bayern Monaco: ha sollevato, d’altronde, il piatto della Bundesliga, la Champions, la Coppa di Germania, la Supercoppa europea e la Coppa del mondo per club, se pure a votazioni chiuse. Già, anche le votazioni, per la verità, hanno suscitato più di qualche polemica. La Fifa, d’altra parte, ne ha prorogato la scadenza proprio nel corso degli spareggi dei Mondiali, spiegando di non aver ricevuto un numero sufficiente di preferenze in risposta. E la giuria, quindi i capitani e i ct delle nazionali oltre che i giornalisti, ha così potuto esprimere i pareri fino al 29 novembre. Ronaldo, inutile nasconderlo, ha molto beneficiato del rinvio dei tempi, specie alla luce delle prove offerte contro la Svezia, quattro gol in due sfide.
STORIA DI CALCIO
Ecco, dunque, il probabile trionfo di Cristiano Ronaldo ora assume i contorni di una storia di calcio, di un insegnamento...d’oro per l’appunto. Cristiano, si capisce, ha la «sfortuna» di essere contemporaneo di Messi, il primatista, il predatore degli ultimi quattro Palloni d’oro. L’argentino era, è e rimarrà il miglior calciatore del mondo, va detto, ma Ronaldo non si è mai arreso, neppure al cospetto dell’evidenza. Il portoghese di Funchal festeggerà i 29 anni a febbraio: aveva già vinto il premio nel 2008 planando davanti a Messi e a Torres, e ha continuato ad inseguire un desiderio impossibile. No, non si è consegnato al destino di eterno secondo. Ha lavorato in modo incomparabile per mesi e stagioni: allenamenti infiniti, estesi ben oltre gli orari, portati perfino fra le radici degli alberi per migliorare il controllo del pallone, per migliorare se stessi. E non basta, ovvio: una cura maniacale del corpo, impreziosita da migliaia di addominali al giorno, «El ansia», hanno preso a chiamarlo i compagni. Perseveranza, impegno, fiducia totale anche nei momenti più bui: cinque anni cinque ha aspettato Ronaldo. Un’attesa sfibrante. Se il destino non volterà le spalle, oggi Cristiano di certo salirà sul palco di Zurigo, e stringerà un pallone tutto d’oro fra le mani, gli occhi di un bambino che non ha mai smesso di sognare.
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