Mourinho, domenica sarà 1000 volte Special

Mourinho, domenica sarà 1000 volte Special
di Andrea Sorrentino
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Lunedì 6 Settembre 2021, 07:30

Nel nome del padre, in quel disperato inutile umanissimo tentativo di ricalcare le orme di chi ci ha dato la vita, o di vendicarne i dolori, il piccolo Zé è diventato uomo, e decisamente ce l’ha fatta. E’ uno dei più grandi allenatori del mondo, l’unico ad aver vinto lo scudetto in Italia, Inghilterra e Spagna. Insieme ai soli Trapattoni, Happel e Ivic, ci è riuscito in quattro grandi campionati diversi. Si fregia di 25 titoli totali (25 e mezzo, precisa lui, perché al Tottenham l’hanno esonerato prima di una finale di coppa) e sta per arrivare a mille panchine in carriera in 21 anni di attività. Accadrà in Roma-Sassuolo, domenica prossima. Quando papà Felix, scomparso nel 2017, sarà orgoglioso una volta ancora di suo figlio Zé, o Zé Mario, come lo hanno sempre chiamato a casa sua e gli amici. 
NEL NOME DEL PADRE
José Mourinho detto Zé voleva essere come suo padre, poi volle riscattarne le amarezze: da questo ha tratto tanta parte della sua forza, del suo fuoco interiore. «Ho visto mio padre soffrire troppe volte per un esonero», è la frase attribuita dai biografi. Felix era stato portiere in serie A portoghese, anche con una presenza in nazionale. Il piccolo Zé a volte riusciva anche a fare il raccattapalle alle partite di papà, un sogno. Poi tenta da calciatore, ma è difensore di scarso talento, smette a 24 anni. Felix intanto è diventato allenatore, ma senza successo o fortuna, e un paio di episodi pare segnino la vita di Zé, dandogli la scossa. Nel 1982 è irrimediabile riserva del Rio Ave, proprio la squadra che allena suo padre, per il quale cura anche gli scout dei giocatori avversari. Nel riscaldamento della penultima di campionato contro lo Sporting, un difensore si infortuna, Felix chiama Zé e gli dice preparati, giochi tu. Ma il presidente del Rio Ave minaccia Felix: se metti tuo figlio, vi licenzio entrambi. Zé rimane in tribuna, il Rio Ave perde 7-1 e tanto era già deciso che Felix sarebbe andato al Belenenses, però la ferita rimane. Due anni dopo, Felix torna ad allenare il Rio Ave, ma non mangia il panettone. Proprio mentre a casa si preparano al pranzo di Natale, arriva la telefonata: lei è esonerato.
IL RISCATTO
E’ in quegli anni che Zé decide fortissimamente di voler fare l’allenatore, per riscattare i dolori che il grande calcio ha dato a suo padre e già anche a lui, e per dimostrare a sua mamma Maria Julia, insegnante, che non è tagliato per fare l’avvocato o il manager, come sogna lei. Poi non è un caso che diventi un allenatore, un manager e un avvocato. Con la preparazione meticolosa, il senso dell’organizzazione, l’eloquio brillante, ha costruito e realizzato sogni fatti di calcio e riscatti esistenziali, ha vendicato le delusioni patite da suo padre e inorgoglito la mamma. 
SUCCESSI
Al Porto, al Chelsea e all’Inter è un’icona. Non lo è per la stampa spagnola, ma ha condotto il Real Madrid a una Liga da record nel 2012, con 100 punti e 120 gol segnati, infatti Florentino Perez ogni tanto pensa a richiamarlo. A Manchester è stato l’unico a portare trofei, tre, negli anni di riflusso post-Ferguson. Di 999 partite, ne ha vinte quasi due su tre (639), e tra le 162 perse ci fu anche la prima in assoluto, Boavista-Benfica 1-0, 23 settembre 2000. 
SCONFITTE
Ha stravinto coppe e campionati, e ha pure straperso come solo i grandi: tipo sei semifinali di Champions, di cui 4 consecutive tra il 2011 e il 2014, le altre due contro il Liverpool dell’odiato Rafa Benitez, una ai rigori e una con gol fantasma di Luis Garcia che ancora gli sta qui. 
PROFEZIE
E’ stato condottiero capace di divinazioni. Al Porto esordisce nel giorno del suo compleanno (26 gennaio 2002) e profetizza: «Zero dubbi: il prossimo anno saremo campioni», e nel 2003 accade. Prima stagione al Chelsea, a novembre proclama: «Penso che vinceremo aritmeticamente la Premier il 30 aprile a Bolton», e si verifica. Va a visionare il Bayern a Berlino, 20 giorni prima della finale di Champions 2010 con la sua Inter, e alla fine manda un sms a Marco Materazzi: «Vinciamo 2-0», e infatti. Ha molto più vinto che perso, ha unito come nessuno e allo stesso modo ha diviso. 
SENZA MEZZE MISURE
Lo hanno amato alla follia ovunque, lo hanno odiato con tutte le proprie forze ovunque.

Federico Fellini intitolò “8 e mezzo” quello che sarebbe stato il massimo capolavoro della storia del cinema, perché prima aveva girato 7 film e mezzo. José, anzi Zé, domenica fa mille partite, dentro ci ha vinto 25 titoli e mezzo. E’ a Roma per girare il suo “26 e mezzo”. Vuole metterci al massimo un annetto, dentro ci sarà tutta la sua vita e sarà un capolavoro, perché parlerà anche di noi, parlerà di tutti.

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