Mondiali, l'Italia sogna di nuotare nell'oro

Paltrinieri e Pellegrini
di Piero Mei
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Lunedì 8 Luglio 2019, 10:00
Il mondo si tuffa a Gwangju, città del sud della Corea del Sud, sul 35° parallelo, lo stesso di Lampedusa, tre paralleli sotto il famigerato cordolo del 38°, confine di guerra non ancora conclusa tra le due Coree, e oggetto del “saltello” nella storia di Donald Trump qualche giorno fa. C’è una coincidenza di buona volontà in questa collocazione geografica. E infatti il claim del mondiale di nuoto che comincerà il 12 luglio e chiuderà il 28 è “Dive into peace”, tuffati nella pace, e d’altra parte la città di Gwangju è chiamata la “città della pace”, ma siccome ciascuno, all’estremo, ha i difetti delle proprie qualità (il parsimonioso può diventare taccagno, ad esempio), è anche conosciuta come la “città del massacro” che qui avvenne nel 1980, regime dittatoriale contro gli studenti. Poi venne Seul ‘88, i Giochi Olimpici che diluiscono tutti i veleni bellicosi del mondo e avviarono una pacificazione democratica, avanzata a singhiozzo. I mondiali di nuoto comprendono le cinque discipline acquatiche, o sei se si considerano i tuffi vertiginosi, quelli da 27 metri per i maschi e 20 per le femmine, una specialità a parte rispetto ai tutti classici.
La rassegna mondiale ha un programma molto più ampio di quella olimpica: nel nuoto, per esempio, propone tutte le gare dello sprint; nel nuoto sincronizzato (che la dirigenza internazionale vorrebbe chiamare pomposamente “artistico” giacché mescola nuoto, musica e balletto, uno spettacolo) ai Giochi sono esclusi gli uomini con una discriminazione al contrario rispetto a quella subita dalle sportive; nel fondo non ci si limita a una gara, quella dei 10 chilometri, ma il programma è completo.

SETTANTASEI ORI
Saranno assegnate, in tutto, 76 medaglie d’oro; l’Italia del nuoto (parola omnicomprensiva di tutte le discipline) ha buone carte da giocare, anche se subito si tende (e si deve, per onestà intellettuale) che non sarà, né può, essere l’”isola del tesoro” che furono gli Europei di Glasgow 2018: il nuoto, come l’atletica pure se non ancora con la partecipazione degli “africani” (ma gli “afroamericani” statunitensi stanno presentandosi), diventa concorrenzialmente difficilissimo quando si fa globale. Statunitensi, australiani, cinesi, giapponesi, più qualche “delfino sciolto” del Sudamerica, del Canada, del Sudafrica o del sud est asiatico rendono la salita sul podio un’arrampicata sulle cime dell’Himalaya, e le Alpi sono assai più facili da scalare.
Però buone carte ci sono: Paltrinieri giocherà la doppia chance del fondo e della piscina, seguendo l’ultima moda dei nuotatori multitasking; la Pellegrini è della partita da quando aveva 15 anni e ne ha 31 ma è eterna ed ha più medaglie di un generale sovietico di una volta; la Quadarella, la Panziera, Detti, Miressi per non citare che alcuni del nuoto in senso stretto, compresa un’adolescente come Benedetta Pilato, girino d’età ma rana in pratica; il fondo è magari la solita cassetta di sicurezza; nei tutti ci sono giovani interessanti per il dopo Tania; nel sincro abbiamo addirittura la coppia campione, Giorgio Minisini e Manila Flamini, che cambiano musica ma non vogliono cambiare risultato; e la pallanuoto, Settebello e Setterosa, è sempre in agguato; e, in più, De Rose, il tuffatore da brivido.

IN ACQUA A MEZZOGIORNO
Il fuso orario propone una differenza di 7 ore. Le finali di nuoto, ad esempio, in programma alle 18 locali nella seconda settimana mondiale, saranno dalle 11 italiane. Greg sarà in acqua, per il fondo, nelle notti di qui.
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