Mandzukic e Higuain, le due facce del gol

Mandzukic e Higuain, le due facce del gol
di Gianfranco Teotino
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Lunedì 24 Dicembre 2018, 11:55
Si pensava l’avessero fatto per soldi, invece era per amore. Amore e disamore. Una scintilla che alla Juventus in fondo non è mai scoccata per Higuain, quello sì un matrimonio di pura convenienza, destinato a non durare. Pieno di passione invece il rapporto fra Mandzukic e il suo allenatore. Persino fra Mandzukic e la totalità dei tifosi bianconeri, che pure ancora oggi riescono a dividersi su Allegri. Una storia così coinvolgente da ribaltare le più radicate certezze calcistiche: non soltanto SuperMario continua a essere l’attaccante che più di ogni altro lavora per la squadra, ma oggi è diventato anche più bomber di Higuain, alle prese con i disagi della nuova casa rossonera.
Nella sua carriera italiana Higuain non aveva mai segnato così poco dopo 17 giornate di campionato. Anche senza considerare il favoloso anno dei 36 gol (allora era a quota 16), le sue prestazioni si sono sempre mantenute su una linea di eccellenza: 9 reti nelle prime due stagioni napoletane, rispettivamente 10 e 9 in quelle juventine. Ora siamo fermi a 5: Cagliari, Atalanta, Chievo (2) e Sampdoria le sue vittime. Troppo poco per uno abituato a segnare soprattutto gol pesanti, quelli che servono a vincere le grandi partite.
LE ESPRESSIONI
Basta guardarlo in faccia il povero Gonzalo per capire che non sta bene: forse fisicamente – parlano di un fastidio alla schiena che non passa – di sicuro psicologicamente, sembra triste, è nervoso, forse pentito della scelta, ma chissà dove credeva di andare, tutti sapevano che il Milan era una squadra da ricostruire e ancora, sia pure grazie ai problemi altrui, è pienamente in corsa per quel posto Champions che è l’obiettivo principale del club. Guardare in faccia Mandzukic invece serve a poco: la sua espressione, da combattente deciso e concentrato, non cambia mai. A cambiare sono i suoi numeri: già 8 gol in 14 partite giocate, ha fatto centro contro Lazio, Napoli (2), Milan, Inter e Roma, tutte reti decisive. Non aveva mai segnato tanto. Anzi sì: una volta sola. Nella stagione per lui peggiore, per stato d’animo. Quella con Guardiola al Bayern: 18 reti totali, primato personale in campionato, 10 dopo 17 giornate. Fra un litigio e l’altro, però. Con il Pep non andava d’accordo: non era il suo calcio. Spesso finiva in panchina: gli venivano preferiti i falsi nove come Gotze o Muller, talvolta persino Pizarro. Quando giocava, in realtà, anche lui segnava a raffica, grazie alle idee di Guardiola. Ma a fine stagione volle andarsene: destinazione Atletico Madrid. Che strana la vita calcistica di Mandzukic. L’anno prima era arrivato a Monaco per fare la riserva di Mario Gomez. Che però si infortunò e lui si ritrovò centravanti titolare di una squadra capace di vincere il triplete. Un paradosso continuo. Ancora adesso. In questo campionato ha già fatto quattro volte lo stesso gol, piuttosto elementare, di testa, sul secondo palo: eppure sia Mario Rui, sia Rodriguez, sia Asamoah, sia Santon si sono fatti sorprendere. La Juve vince sempre quando segna lui: 39 volte su 40, anche se quella che manca è la più importante, la finale di Champions. Un caso, però, perché aveva segnato pure nella finale vinta con il Bayern. Si credeva che con l’arrivo di Ronaldo dovesse ulteriormente accentuare le fatiche da gregario e invece è stato Cristiano a mettersi spesso al suo servizio. Il bomber che non ti aspetti.
 
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