Lazio, Cataldi a tutto tondo: «Napoli tra le più forti d'Europa. A Sarri devo tanto. Sogno lo scudetto qui»

Le parole di Danilo Cataldi ai microfoni di Dazn

Lazio, Cataldi a tutto tondo: «Napoli tra le più forti d'Europa. A Sarri devo tanto. Sogno lo scudetto qui»
di Valerio Marcangeli
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Mercoledì 1 Marzo 2023, 18:45 - Ultimo aggiornamento: 2 Marzo, 15:28

In attesa della sfida contro il Napoli, a presentare parzialmente la sfida per la Lazio ci ha pensato Danilo Cataldi ai microfoni di Dazn: «Ci stiamo preparando per la partita che ci aspetta che sarà parecchio impegnativa. Abbiamo lavorato a livello tattico. Cerco sempre di avere pensieri positivi, ma è innegabile che loro siano tra le squadre più in forma d’Europa. Sarà una gara complicata, ma penso che possiamo fare bene».

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Le parole di Cataldi

Difficile anche affrontare i singoli come Lobotka: «Sarà complicato. Bisogna fargli i complimenti perché è cresciuto in maniera incredibile in una piazza non proprio leggera come Napoli». Per non parlare di Kvaratskhelia: «Abbiamo giocato contro di loro una delle prime gare, lui era un oggetto misterioso ancora e non mi aspettavo l’impatto che ha avuto in questo campionato». La squadra più tosta però resta l'Atalanta: «Da noi ha fatto la miglior partita dell’anno. Se loro stanno bene fisicamente come in quel caso è difficile affrontarli. Lì sono andato in difficoltà».

Su Sarri

Cataldi parla a tutto tondo, in primis del rapporto con Sarri: «È uno che sa il fatto suo. Con lui si parla spesso di calcio perché è un perfezionista, non è quasi mai contento anche quando facciamo un’ottima prova. Poi ogni tanto se ne esce con qualche aneddoto della vita precedente al calcio, in quei casi è divertente. Io non ho mai visto quel blocchetto su cui scrive. Sicuramente si segna le cose da farci notare più tardi, ma è top secret». E ancora: «Personalmente è stato molto importante. Venivamo da mister Inzaghi che aveva un altro tipo di calcio.

Sarri ci vuole alti e corti e preferisce un play più di palleggio, quindi ho cercato di calarmi in ciò che voleva. All’inizio è stato difficile perché mi allenavo come mezzala, però piano piano sono migliorato anche in fase difensiva. Questo per me è il primo anno che ho questo ruolo centrale all’interno della squadra, nonostante un’età avanzata calcisticamente parlando. Sta andando tutto bene e speriamo di raggiungere i nostri obiettivi di squadra».

Sulla scelta del numero, il passato e i sogni

Il 32 biancoceleste spiega la scelta del numero: «Avendo fatto la prima stagione da professionista a Crotone avevo il 28 e ho pensato di riprenderlo, ma era occupato. Poi un massaggiatore mi disse di prendere il 32 ed è rimasto. Ho provato a cambiarlo un anno prendendo il 5, ma non è andata bene, quindi l’ho ripreso (ride, ndr)». E torna agli albori: «La passione per il calcio è iniziata a 4 anni in borgata, sono stato lì fino a 11 anni e poi ho iniziato la trafila nella Lazio. Come tutti i bambini sognavo di fare il calciatore, poi quando sono cresciuto ho capito quanto fosse complicato salire quel gradino, ma per fortuna è andata bene. Comunque ho lo stesso gruppo di amici di quando ero piccolo, mi hanno visto crescere». A proposito di sogni: «Il mio è vincere lo scudetto e giocare in Nazionale. Qualcosa mi manca, nella vita non si sa mai. Di certo però desideravo anche avere una famiglia e giocare in Serie A, e ci sono riuscito».

I momenti difficili e la vita lontano dal calcio

«Il percorso è stato parecchio difficile quando sono tornato da Crotone - rivela Cataldi - dopo il primo anno da professionista in B. Ho avuto un’ottima stagione con mister Pioli, siamo arrivati in Champions e in finale di Coppa Italia, ma l’anno dopo, quando hp pensato di avercela fatta, ho subito tanto questa cosa. Mi sono messo addosso troppe pressione e responsabilità. La città di Roma è particolare quando ci nasci e ci vivi. Genoa e Benevento mi hanno aiutato a tornare sui binari giusti, ma a livello mentale non è stato semplice». Sulla vita fuori dal calcio: «Io mi reputo un anti calciatore perché cerco di vivere la mia vita nella maniera più tranquilla possibile. Poi è chiaro che i tifosi ti riconoscono e ti parlano del derby. Non mi piacciono troppo i riflettori, avrei preferito nascere nel calcio del passato. Quello che succede oggi ha sicuramente delle cose positive, ma in alcuni casi a volte è meglio evitare ostentare».

Sul derby e gli esordi in Serie A

Sul derby: «Sono molto legato a quell’immagine di me che piango sotto la curva con la fascia di capitano. In quelle lacrime c’era un po’ di tutto, è stata una liberazione perché ho sempre voluto giocare una partita del genere, vincendola in quel modo, soffrendo, nonostante noi siamo una squadra che cerca la perfezione». E ancora: «In quel momento rappresenti tutti i tifosi e in quel pianto c’era la liberazione da tutti i vari pensieri. Ho indossato la prima volta la fascia con Pioli, quando Radu me l’aveva lasciata. Ma portarla al derby dall’inizio è stato davvero particolare e i giorni prima sono stati devastanti: non rivivrei mai il pre-derby, ma la partita ovviamente sì, perché almeno ti sfoghi e ti liberi dall’adrenalina. Fortunatamente è andata bene». Sull’esordio in A: «Era un Lazio-Napoli, perdemmo 1-0, segnò Higuain. Pure lì fu particolare con i miei genitori allo stadio, bella sensazione. C’era la contentezza per l’esordio, ma l’amarezza per la sconfitta. Almeno la settimana dopo ho giocato dall’inizio contro il Milan e abbiamo vinto».

Sul gruppo attuale alla Lazio

Infine Cataldi dice la sua su alcuni compagni in base alle domande rivoltegli dai tifosi: «Ivan (Provedel, ndr) è davvero un bravissimo ragazzo. Ha questa faccia pulita però anche se è silenzioso ti dà tanta sicurezza. Secondo me è un grandissimo portiere. A lui non serve urlare, ti dà tranquillità senza fare sceneggiate, è atipico. Il più fumantino è Luis Alberto, è il numero 10 e quindi è giusto così. Da noi ci stanno bei personaggi, tipo Casale. Ci fa divertire ed è troppo particolare, ma di certo è un grande giocatore. Gila invece è quello che si veste peggio, mette cose molto più grandi, se lo dice anche da solo. È un ragazzo di grande personalità. Siamo un bel gruppo».

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