Dal 1985 a oggi, Heysel una ferita aperta e lunga 35 anni

Dal 1985 a oggi, Heysel una ferita aperta e lunga 35 anni
di Alberto Mauro
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Giovedì 28 Maggio 2020, 23:10 - Ultimo aggiornamento: 29 Maggio, 14:23

L’Heysel è una ferita aperta nel cuore del calcio italiano, e a 35 anni da quel tragico 29 maggio 1985 sanguina ancora ogni volta che i tifosi avversari della Juventus rinfacciamo quei 39 morti a mo’ di sfottò. A una generazione di distanza rimangono immagini e filmati quasi surreali, storie e ritagli di giornali, ma soprattutto la testimonianza di chi ha vissuto quei momenti drammatici in prima persona o indirettamente, attraverso amici e parenti. Una tragedia sportiva accompagnata da una serie di incomprensioni e scelte sbagliate: uno stadio in ristrutturazione, quel maledetto settore Z allestito in fretta e furia, gli hooligan di fianco a bambini e famiglie italiane, l’incapacità di rendersi conto della drammaticità della situazione, fino ai “festeggiamenti” sul campo, di una Coppa dei Campioni costata 39 vite. La vittoria della Juventus sul Liverpool diventa lo sfondo di un massacro. Una strage annunciata, secondo chi l’ha vissuta direttamente, tanto che dopo aver valutato le condizioni del settore Z molti tifosi juventini decidono saggiamente di scambiare i biglietti con quelli della tribuna. Trentanove di loro non sono più tornati, morti prima di una partita di calcio, che si è giocata lo stesso con un’ora e mezza di ritardo, in un clima inquietante. Francesco Caremani, autore del libro “Heysel, le verità di una strage annunciata” avrebbe dovuto essere proprio a Bruxelles, in quello stadio, ma fu salvato da un brutto voto a scuola. “Avrei dovuto essere lì insieme all’amico Roberto Lorentini, ma per colpa di un 5 in latino i miei genitori me lo impedirono. La cosa peggiore è dimenticare, è come uccidere le vittime due volte. Purtroppo negli stadi italiani succede ancora di tutto, molti parlano dell’Heysel ma spesso è solo retorica. Non è stata una fatalità – continua Francesco - ma una strage, perché sarebbe bastato pochissimo per evitarla, le uniche conseguenze tangibili di una vicenda straziante sono state l’esclusione delle squadre inglesi dalle coppe e una assunzione di responsabilità tardiva da parte dell’Uefa”. Ricordi indelebili, a 35 anni di distanza. “Quello che mi ha più ferito sono stati i festeggiamenti a fine gara, anche ad Arezzo, la mia città. La mattina successiva mi hanno detto che il mio amico Roberto purtroppo era morto, e quello che mi ha più ferito è stato affrontare la scuola, con le prese in giro ignoranti dei ragazzini tifosi avversari”.

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