Fiorentina a Commisso, serie A sempre più straniera

Rocco Commisso
di Romolo Buffoni
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Venerdì 7 Giugno 2019, 09:30 - Ultimo aggiornamento: 10:46

C’erano una volta quelli che Giulio Onesti, storico presidente del Coni, definì “ricchi scemi”. Presidentissimi padri-padroni delle società di calcio, capaci di mandare in rovina un’intera dinastia pur di far vincere la squadra del cuore. È cambiato il mondo, è cambiato il calcio: i club sono ormai aziende che devono fare i conti col fatturato più che con i gol fatti e subiti. Così in serie A da ieri c’è un nuovo imprenditore. È Rocco Commisso, sembianze alla Danny De Vito e accento alla Soprano, nuovo proprietario della Fiorentina acquistata per circa 165 milioni. Commisso è italo-americano, partito nel ‘62 dalla Calabria (è di Marina di Gioiosa Ionica, Reggio Calabria, dov’è nato il 25 novembre del ‘49) alla volta degli States. Commisso («si legge Còmmisso con l’accento sulla o ma chiamatemi Rocco», dice) è il prototipo del paisà che ce l’ha fatta. Vissuto nel Bronx anni 70, studi di ingegneria alla Columbia University e la svolta col business giusto: la tv via cavo. Nel 1995 fonda la Mediacom (4500 impiegati e un fatturato stimato, nel 2009, in 1,196 miliardi di dollari). Oggi Forbes lo accredita di un patrimonio di 4,8 miliardi di dollari che comprende i Cosmos, la squadra di soccer che fu di Pelè, Chinaglia e Beckenbauer e del quale è presidente. Il calcio è il cordone ombelicale che lo ha tenuto legato all’Italia. Tifoso juventino, la scorsa estate aveva provato a prendere il Milan, ma si era arreso ad Elliott. «Da oggi non c’è più Milan e non c’è più Juve. Esiste solo Firenze», le parole a uso dei tifosi viola pronunciate dopo il closing di ieri.
NIENTE CONFINI
Il sovranismo non è un concetto che può attecchire negli stadi. Nella prossima serie A la Fiorentina sarà a stelle e strisce come la Roma di Pallotta e il Milan del Fondo Elliott. Da oltre Atlantico arriva anche il patron del Bologna, il canadese Joey Saputo. E straniera è l’Inter di Suning, colosso cinese della famiglia Zhang. Cinque club su 20, un quarto del torneo. Ancora poco rispetto ai 12 club non britannici della Premier League (fra sceicchi, emiri, oligarchi russi e tycoon americani c’è anche il nostro Giampaolo Pozzo, padrone del Watford), ma la strada è tracciata. Resistono De Laurentiis (Napoli), Lotito (Lazio) e Cairo (Torino), oltre ovviamente alla famiglia Agnelli sinonimo da sempre di Juventus.
DELLA VALLE ADDIO
Da Firenze vanno via i fratelli Della Valle: Diego e Andrea lasciano il club dopo 17 anni e 285 milioni di euro investiti. Storia cominciata il 1° agosto 2002, sulle ceneri della Fiorentina fallita di Vittorio Cecchi Gori. Si partì dalla C2 col nome di Florentia Viola, quindi la promozione con doppio salto in B (causa i crac di Catania e Cosenza) e il riacquisto del nome Fiorentina. Nel 2004 il ritorno in serie A: 5 quarti posti, una finale di Coppa Italia persa contro il Napoli e una semifinale di Europa League persa col Siviglia. Dal “muratore” Riganò (bomber della C2) a Federico Chiesa (pezzo da 90 del prossimo mercato «farò di tutto per tenerlo», la prima promessa di Commisso), sotto i Della Valle sono stati tanti talenti: da Luca Toni al tedesco Mario Gomez; da Alberto Gilardino a Giampaolo Pazzini, a Giuseppe Rossi; fino a Juan Cuadrado e Federico Bernardeschi. In eredità anche la squadra femminile, con relativo settore giovanile. «Lasciamo Firenze senza drammi, convinti di aver fatto il meglio possibile e senza aver mai percepito alcun compenso o dividendo», è il commiato di Diego Della Valle.

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