Il basket nelle carceri italiane: nasce a Trieste il progetto "The Cagers"

Uno staff tecnico alla ricerca di detenuti/giocatori in tutta Italia

Il basket apre alle carceri italiane: nasce a Trieste il progetto "The Cagers"
di Marino Petrelli
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Giovedì 19 Ottobre 2023, 15:50

Una squadra di detenuti si allenerà per un anno a Trieste, agli ordini di quattro campioni, per essere poi pronta a scendere sul parquet. Il progetto si chiamerà “The Cagers”, richiamando l’originario nome degli atleti che giocavano a basket quando questo sport fu inventato da James Naismith nel 1891. Allora le partite si disputavano in una gabbia, in inglese appunto cage, e prima di chiamarsi con il nome attuale , la pallacanestro era definita “the Cage Game” ovvero il gioco della gabbia. Le partite si disputavano all'interno di alte recinzioni: lo scopo era quello di proteggere gli sportivi dal lancio di oggetti da parte del pubblico.

Gigi Datome nella Hall of Fame dell'Olimpia Milano. In campo l'EA7 batte l'Olympiacos

Le gabbie, a distanza di 132 anni, esistono ancora e quelle del carcere ne sono l’esempio più classico. Uno staff tecnico composto da Federica Zudetich (ex giocatrice di Cesena, Porto Sant'Elpidio, Alessandria, Reggio Emilia, Faenza e Cagliari), Stefano Attruia e Donato Avenia (che ha giocato nella Virtus Roma, ma anche a Rieti e Palestrina solo per restare nel Lazio), con Francesca Zara, unica italiana ad aver vinto la prestigiosa Eurolega e che si occuperà della preparazione atletica, ha cominciato a girare le carceri italiane alla ricerca di detenuti/giocatori in grado di fare la squadra con le selezioni e le tante storie diverse.

I primi allenamenti si sono svolti nelle carceri di Piazza Armerina, Caltagirone, Enna, San Cataldo, Vibo Valentia, Augusta, Catania, Napoli, Volterra, Gorgona, Civitavecchia.

 

Sarà Trieste la sede scelta per questa avventura dei "Cagers", sostenuta dal ministero della Giustizia e dal ministero per lo Sport e per i Giovani. Lì ci si allenerà come una squadra professionistica per togliere ruggine dalle articolazioni, dare forza ai muscoli, iniziare a prendere confidenza con la palla ed i fondamentali. Obiettivo: costruire, passo dopo passo, una squadra. Giochi a due, a tre, a quattro, fino al cinque contro cinque. 

«Ero in visita a Trieste per incontrare i detenuti, dentro la casa circondariale della città - spiega Stefano Attruia, play maker che ha vestito anche la maglia della Virtus Roma e vinto una Coppa Korac e una Coppa Italia -. Sento una voce che mi chiama. Mi giro e incontro un volto inaspettato con gli occhi di sempre, gli occhi di quando eravamo bambini. Il nostro abbraccio muove una sensazione: portare la palla oltre il muro per avvicinare questo contesto alla comunità sociale è una naturale conseguenza. Quello che possiamo fare noi allenatori, dentro e al di là del muro, è metterci al servizio degli altri portando tutto l’amore che abbiamo per questo sport».

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