«Siamo il Settebello»: dal treno per Napoli alla partita a carte, passando per i baffi di Mimì Grimaldi

Il giocatore di pallanuoto coniò il nome durate una partita a carte, ma l'intuizione gli venne prima, su un treno dalla Versilia

«Siamo il Settebello»: dal treno per Napoli alla partita a carte, passando per i baffi di Mimì Grimaldi
di Piero Mei
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Sabato 17 Febbraio 2024, 16:22

Mimì portava i baffetti. Quando era di «acchiappanza» se li allisciava. Mimì Grimaldi giocava a pallanuoto alla fine degli Anni Trenta. A mare, come usava allora ed era bellissimo. Con la Rari Nantes Napoli: il Vesuvio aveva ancora il pennacchio, Eduardo il pernacchio per il duca Alfonso Maria di Sant'Agata dei Fornari. Pasquale Buonocore studiava da ingegnere e giocava portiere: non voleva farsi male ai piedi sugli scogli. Gildo Arena già praticava la «beduina» che è una specie di rovesciata in acqua, spalle alla porta, la mano una ventosa, il braccio una catapulta.

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Mimì era stato a Berlino a vedere le Olimpiadi del '36, quelle di Jesse Owens, Hitler e Ondina Valla: aveva imparato qualche frase in tedesco, quelle di sopravvivenza che permettevano i capolavori dell'arte di arrangiarsi. E di «acchiappare». Gli venne buono nell'estate del '37. Mimì Grimaldi e le altre «cape pazze» della Rari Nantes tornavano da una trasferta in Liguria: viaggiavano in treno, terza fumatori, biglietto da squattrinati.

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Versilia anche vista dal finestrino, ma vuoi mettere il mare di Napoli! Salì un vagone di bionde tedesche. Sguardi complici dei ragazzi, risatine ammiccanti delle ragazze. Mimì si tuffò fra i ricordi linguistici (e non solo…). «Wir sind sieben», siamo sette, «schon», belli, «sieben schon», sette belli. Nacque così il Settebello. Se nacque anche altro su quel treno non è dato sapere: erano tempi in cui Milly cantava, rauca e sexy, «si fa ma non si dice», mica come oggi che si fa e si dice, e si dice anche quando non si fa e comunque lo si mette in rete.

Mesi dopo al circolo, partita a scopa. «Mia primiera e settebello» fa Pasquale Cangiullo. «Eh no! Il Settebello siamo noi!» sghignazza Mimì. Ha messo il copyright. Anni dopo a Londra '48. Nicolò Carosio, la voce del «quasi gol» (lo diceva) e del «negraccio» (mai detto), «disoccupato» per l'eliminazione del calcio e dirottato sulla pallanuoto, incontrò tre azzurri. «Come posso chiamarvi?» chiese l'immaginifico cronista. «Settebello» disse Gildo Arena. E partì quel treno, che poi sarebbe divenuto un treno di sogni.

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