Saba Kumaritashvili sogna nel nome del cugino

Saba Kumaritashvili sogna nel nome del cugino
di Sergio Arcobelli
4 Minuti di Lettura
Martedì 1 Febbraio 2022, 01:09 - Ultimo aggiornamento: 11:36

Nel nome del cugino. Le Olimpiadi, a casa Kumaritashvili, sono sinonimo di tristezza. Eppure, Saba Kumaritashvili, slittinista georgiano, non si è tirato indietro e, anzi, ha fatto di tutto per essere a Pechino, pronto per l’esordio a cinque cerchi. Ma certo non deve essere facile per lui. Perché Saba, 21 anni, ha la stessa età di quel Nodar Kumaritashvili morto tragicamente il 12 febbraio 2010 a causa di un maledetto incidente, mentre si allenava sulla pista olimpica, a poche ore dal via dei Giochi di Vancouver. Una morte che ancora tormenta lo sport, soprattutto quando si torna a parlare di Olimpiadi e si guarda indietro a quello che è stato e, si spera, non accada mai più. Sono passati dodici anni, ma la ferita è ancora aperta, apertissima. Nodar avrebbe gareggiato il giorno successivo, diventando il primo della sua famiglia a competere sul più grande palcoscenico. Un compito che, adesso, spetta a Saba, già atterrato in Cina: lo fa per onorare il suo Paese, per onorare la sua famiglia ma, soprattutto, per onorare Nodar, il suo amato cugino. «Pensare a lui è doloroso, ma mi dà anche forza», ha raccontato di recente. 

MALEDETTA PISTA

Quella stessa forza che lo ha portato in Cina, facendo salire l’ansia a casa Kumaritashvili, dove non si potrà mai dimenticare quell’incidente delle 10.50 di un venerdì, l’ora esatta in cui Nodar perse il controllo del suo mezzo e andò a sbattere contro le pareti coperte di ghiaccio. Immagini terribili. A nulla erano valsi i 59 minuti di sforzi per rianimare il suo corpo, anche se un rapporto del medico legale ha poi rivelato che le sue ferite alla testa erano così traumatiche da causarne la morte all’istante. E dire che quella tragedia si sarebbe potuta evitare: sin da subito, infatti, i più forti della disciplina, tra questi Armin Zoeggeler che in Canada avrebbe poi preso la medaglia di bronzo, avevano avvertito che la pista era troppo veloce e pericolosa. Ma solo con la morte di Nodar si provvide a cambiare il tracciato e a ridurre la velocità. «Non dimenticherò ogni dettaglio di quel giorno, questo è sicuro», ricorda la statunitense Erin Hamlin, due ori mondiali. «E non credo che nessun atleta che abbia gareggiato a Whistler mai lo farà». Il tedesco Felix Loch, che vinse la medaglia d’oro nel singolo maschile proprio a quelle Olimpiadi, due mesi più tardi sentì il bisogno di andare in Georgia dalla famiglia Kumaritashvili. La morte di Nodar lo aveva scombussolato a tal punto da lasciare un dono sulla sua lapide. Lapide che è ancora oggi ornata da una massiccia scultura di bronzo che rappresenta Nodar sopra una slitta, non lontano da dove sono esposti la sua vera slitta e il casco danneggiato che indossava per la sua ultima, fatale, discesa.
Quello che colpisce tanti colleghi è la perseveranza con la quale il cugino Saba ha deciso di essere al via a questi Giochi cinesi: «Ho lavorato duro e ho creduto fortemente in me stesso.

Ora mi sento felice e soddisfatto di aver raggiunto il sogno di partecipare ai Giochi Olimpici, un obiettivo che ho prefissato due anni fa. Ed eccomi qui». 

LA PROVA DEI NOVE

Saba è uno dei nove atleti del ridotto contingente georgiano, e l’unico atleta del suo Paese qualificato nello slittino. «Sono felice e orgoglioso di avere l’opportunità di rappresentare la mia famiglia e il mio paese a queste Olimpiadi. Ora sento la responsabilità verso di loro, perché si aspettano buoni risultati da me. Cercherò di fare del mio meglio per loro». E d’altronde, si tramanda una storia secondo cui sia stato proprio il suo bisnonno Aleko ad aver portato questo sport nell’allora repubblica sovietica della Georgia, più di mezzo secolo fa. Una passione tramandata di padri in figli fino a Saba. Che non ha esperienza sul circuito di Coppa del mondo e, dunque, non ha ambizioni di medaglia. Ma ha una missione che va al di là del successo sportivo. Quanto basta per farlo tornare a sorridere, anche dopo i giorni più neri. E ripartire. Sempre nel nome di suo cugino. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA