Dal pianto di Roma al trionfo, Scheffler domina ad Augusta: «Ho un dono da Dio e lo uso»

Dal pianto di Roma al trionfo, Scheffler domina ad Augusta: «Ho un dono da Dio e lo uso»
di Stefano Cazzetta
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Martedì 16 Aprile 2024, 07:05

Dalle lacrime di Roma, per aver subito in coppia con Brooks Koepka, e per di più ad opera di due ragazzi come Ludvig Aberg e Viktor Hovland, la più pesante sconfitta della storia della Ryder Cup, al nuovo trionfo nel Masters, il secondo dopo quello del 2022. Le immagini di quel pianto fecero il giro del mondo, così come quelle di ogni sua vittoria. Nella vita di Scottie Scheffler ci sono solo momenti forti, da vivere in pieno, senza nascondere le emozioni. Oggi, il ragazzone di 27 che viene dal Texas, può guardare tutti dall’alto in basso, e non solo perché è il numero 1 del mondo, ma perché in questo momento – a casting in corso - non c’è nessuno che possa reggere neppure lontanamente il paragone. I suoi numeri sono impressionanti: ha vinto tre delle ultime 4 gare, ancora un’altra da gennaio. Per trovare un suo giro sotto par bisogna fare la fatica di tornare all’anno scorso. A inizio 2022 era un quasi sconosciuto giocatore del Tour oggi scrive una sentenza in anticipo ogni volta che scende in campo. Tutto ciò, nonostante di ortodosso nel suo golf ci sia ben poco: il suo swing va contro le regole, non è raccomandato da nessun manuale, è prodotto in proprio e sarebbe consigliabile non imitarlo. Eppure produce risultati incredibili.

MILIONI

Scheffler ha una laurea in finanza, potrebbe essergli di aiuto a gestire i milioni di dollari che stanno arrivando sul suo conto corrente, 3,6 da questo Masters, 15 dai 9 tornei del 2024. E parliamo solo di premi. Ma, come lui stesso ama ripetere, le sue priorità nella vita sono altre, lo ha ripetuto anche domenica sera. Ora c’è la nascita del primo figlio, atteso a giorni, e c’è la voglia di stare vicino a Meredith, sua moglie, la ragazza conosciuta al liceo, la compagna di una vita, che forse per la prima volta non gli è stata fisicamente vicino nelle giornate di gara e che non ha potuto abbracciare dopo il putt della vittoria.

La stessa che – unica - riuscì a placare il pianto di Roma. «Ci siamo sentiti al telefono e prima dell’ultimo giro mi ha chiesto se poteva pregare per me. So che ha inviato molte preghiere». La Giacca verde? Gli applausi? Importanti, ma in secondo piano: «Sento che giocare a golf a livello professionistico è una carriera infinitamente insoddisfacente. Per esempio, nella mia testa, tutto ciò a cui riesco a pensare in questo momento è tornare a casa. Ho solo voglia di andare da Meredith». Prima del Masters, aveva anche dichiarato che se fossero arrivate le doglie, avrebbe lasciato il torneo per correre da lei. C’è da giurarci che lo avrebbe fatto. Perché in Scheffler è così. Si mette a nudo con disarmante semplicità. Non c’è niente che appaia artificioso, strumentale, strategico. Il golf è vissuto sul campo, al di fuori c’è un mondo interiore ricco e complesso.

 La sua forza interiore nasce da una fede solida e incrollabile e non ne fa mistero. Anche le sue vittorie provengono da lì. «Amo vincere, odio perdere. Sono stato progettato per questo. Sono così da sempre, da quando ero ragazzo. Credo che i piani di oggi fossero già stati delineati molti anni fa, e non potevo fare nulla per rovinarli. Mi è stato dato in dono questo talento e io lo uso per la gloria di Dio». Poi, si può vincere o perdere, «ma per me – dice – cambia poco. La mia identità è al sicuro». A rimettere sempre le cose a posto, ci sono le priorità. Nella testa e nel cuore di Scheffler sono in un ordine ben chiaro. Ed è questo che lo rende ancora più forte.

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