“La Guerra sotto casa”, Duilio Giammaria porta il documentario su RaiUno: «Raccontiamo la guerra in Siria»

“La Guerra sotto casa”, Duilio Giammaria porta il documentario su RaiUno: «Raccontiamo la guerra in Siria»
di Valentina Tocchi
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Mercoledì 23 Marzo 2016, 21:54 - Ultimo aggiornamento: 28 Marzo, 19:23
«Volevamo raccontare la “guerra sotto casa”, far capire come il fronte tra Siria e Libia ci riguardi ormai direttamente molto di più di quanto era avvenuto in passato in Iraq e in Afghanistan». Così Duilio Giammaria ha anticipato il tema della prima puntata di “Petrolio”, dal titolo “La Guerra sotto casa”, che verrà trasmessa il 28 marzo su RaiUno. Una puntata che rischia di essere di tragica attualità e che, in queste ore, sta subendo continue modificazioni per adeguarsi ai fatti di Bruxelles.

Giornalista, scrittore e conduttore televisivo, per Giammaria – che come inviato aveva seguito personalmente le guerre di Iraq e Afghanistan – quella al via da lunedì prossimo sarà la sesta serie, la seconda della stagione televisiva 2015/2016, del fortunato programma di inchiesta che dal 2013 occupa la seconda serata di RaiUno.

«Tre mesi fa decidemmo di raccontare la realtà della guerra siriana e libica» racconta Giammaria, «Siamo stati molto orgogliosi di aver potuto girare, per intuizione o casualità, dei documentari che possono essere davvero utili per capire meglio gli avvenimenti tragici di questi giorni».

Il documentario è stato girato tra la Siria e la Libia dal filmaker Claudio Rubino e della giornalista Maria Gianniti, che hanno percorso la via tra Damasco ed Homs fino ad arrivare ad Aleppo, costeggiando i confini dello stato islamico meglio noto come Daesh dove, fino a solo pochi giorni prima delle riprese, si svolgevano i combattimenti.

Di cosa vi siete resi conto andando proprio nei territori limitrofi al Daesh?
«Sicuramente abbiamo capito quanto la Libia non sia più un paese ma si sia ormai frammentata in mille milizie, oppure come la bandiera dell’Islam sia un vessillo ormai vuoto dietro al quale si celano mille divisioni. A Tripoli abbiamo visto delle moschee distrutte da milizie filoislamiche che non vogliono avere filtri tra Allah e la preghiera e perciò distruggono moschee che hanno due o trecento anni».

Cosa non si coglie in Europa di quegli scenari?
«Sicuramente la violenza che in quei posti è palpabile in tutti gli edifici distrutti, nelle macerie. I profughi, ma anche quei foreign fighters che in quei territori vengono allenati a diffondere terrore, portano dentro quella violenza che da noi arriva solamente a tratti».

Cosa pensa delle risposte europee e americane rispetto agli attentati di Bruxelles?
«La risposta europea è stata drammaticamente debole. Le lacrime di Federica Mogherini, oltre ad essere un segno di umanità della nostra cultura, sono forse il segno che a far piangere è la mancanza di una intelligence europea in grado di contrastare queste minacce. Non ci si spiega come mai l’Unione Europea si occupi della lunghezza dei fagiolini e perda l’occasione di agire in modo unitario per fronteggiare il terrorismo. La verità è che un’Europa unita fa paura e un’Europa divisa fa comodo ad un sacco di gente. Dal canto suo, invece, Obama è stato molto chiaro ad Atlanti nel dare una certa responsabilità a Francia e Gran Bretagna per non aver garantito un vero e proprio seguito alle politiche di coeseione dentro la Libia del dopo Gheddafi».

Quali altri argomenti toccherete con la nuova serie di Petrolio?
«Approfondiremo il nostro rapporto o meglio la nostra “ossessione” per il cibo, mentre ci dedicheremo anche alla scoperta dei nuovi farmaci, costosissimi, di ultima generazione, oppure alla comprensione del perché la cronaca nera continui ad avvincere tanto. Parleremo dei danni provocati dallo zucchero ma anche di come le indagini giudiziarie vengono modificate dai nuovi mezzi di indagine a disposizione. Inoltre racconteremo anche la Sicilia, partendo dal grandissimo successo di Montalbano e andando a scoprire perché, come diceva Goethe <
La Rai di Campo dall’Orto ha spesso espresso una predilezione per i documentari e per l’approfondimento a scapito dei talk show. Petrolio andrà mai in prima serata?
«Sicuramente non sarebbe una cattiva idea portare sulla rete ammiraglia di una tv generalista l’approfondimento, come avviene già in Inghilterra e in Francia. Credo che il pubblico sia pronto a fruire un prodotto di approfondimento quando non è ancora notte fonda».

Parlerete di cibo, Montalbano e cronaca nera, tutti temi che garantiscono ascolti da record. Quali input avete avuto dall’azienda riguardo agli ascolti?
«In realtà non abbiamo avuto indicazioni riguardo agli ascolti, ma è evidente che ci piacerebbe poter mostrare a più persone possibile una realtà che, altrimenti, nei talk show viene solamente raccontata. “Vedere” le cose è molto diverso dal parlarne, come si fa nei talk».

Che rapporti avete con la redazione di Report?
«Con la Gabanelli ci conosciamo da molti anni e di sicuro stimiamo il metodo di lavoro di Report, che permette di avere delle forze impiegate su un tema anche per lungo tempo. Una sorta di redazione Spotlight dedicata ad approfondire dei temi importanti, grazie al lavoro di filmaker che sanno dare anche una veste “cinematografica” al racconto, è davvero importante».
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